LA RELAZIONE

ll Covid si abbatte sulla spesa in R&S delle aziende, ma le PA corrono

La pandemia frena gli investimenti privati che si contraggono del 5%. Sprint, invece, degli enti pubblici che registrano un aumento del 3%. Stabili le organizzazioni no-profit. La fotografia scattata dalla Corte dei Conti

Pubblicato il 23 Mar 2021

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Meno investimenti in R&S a causa della pandemia. Il calo è evidenziato nella Relazione sulla spesa fiscale’ con particolare riferimento al credito di imposta di Ricerca e sviluppo, approvata oggi dalla sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti.

“Nonostante l’emergenza epidemiologica da Covid- 19 abbia portato alla consapevolezza della assoluta necessità di una seria politica di investimenti in ricerca scientifica e tecnologia – si legge nel report – i dati economici indicano come l’emergenza Coronavirus abbia avuto un impatto restrittivo sulla spesa prevista dalle imprese in Ricerca & Sviluppo, per la quale è atteso un calo di quasi il 5% nel 2020 (-4,7% rispetto al 2019, – 2,9% rispetto al 2018), mentre si registra una crescita del 3% di quella delle istituzioni pubbliche, rimanendo comunque stabile quella delle private non profit”.

L’indagine riguarda ”l’analisi dell’evoluzione normativa e la valutazione dei profili gestionali (copertura ed efficacia della misura, rapporti tra spesa diretta e tax expenditures in R&S, controlli) del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo”.

Dall’esame dell’evoluzione normativa e dei dati gestionali emerge che l’eliminazione del limite legale della spesa erogabile, previsto originariamente dal d.l. 145 del 2013, ma in realtà mai attuato e poi modificato a partire dal 2015, ha comportato l’aumento delle difficoltà di governo dell’evoluzione della spesa fiscale e che mancano idonei strumenti di controllo dell’evoluzione della spesa, i cui effetti sono stati accentuati dalla progressiva estensione soggettiva ed oggettiva dell’intervento.

Tra il gennaio 2015 e il dicembre 2018 sono stati, infatti, rimossi limiti dimensionali del fatturato dei soggetti economici ammessi al credito d’imposta richiedendo, a tal proposito, unicamente una spesa annua per attività di ricerca pari almeno a euro 30.000 (requisito invariato nel tempo) e, progressivamente, aumentati i parametri percentuali delle spese ammissibili (dal 25% al 50%) e gli importi massimi annuali per ciascun beneficiario (passati da 2,5 milioni a 5 milioni e quindi a 20 milioni fino al 31.12.2018).

Si è, poi, privata l’amministrazione di uno dei parametri di verifica dell’efficacia della misura, espungendo dalle spese ammissibili quelle per i brevetti. Alcune di tali criticità, probabilmente, si legge ancora nel Rapporto della Corte dei Conti, erano ben presenti al legislatore, che infatti ha anticipato al 2019 la cessazione del periodo di operatività del credito di imposta per investimenti in R&S introducendo, con la Legge di Bilancio 2020, modifiche che puntano a limitare la fruizione del credito agli investimenti in ricerca e sviluppo più efficienti sotto il profilo del contributo all’innovazione e a consentire controlli più stringenti sulla legittimità della fruizione del credito.

In conclusione, si legge nella Relazione, la Corte dei Conti ha giudicato “positiva” l’attenzione del legislatore per il sostegno e la promozione della ricerca, come dimostrano le misure introdotte dalla legge di Bilancio per il 2020 che, “nel chiudere l’esperienza del precedente istituto ne ha rinnovato la disciplina prevedendo il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative”.

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