Inchiesta sull’IT della Giustizia italiana, ecco quello che non torna

L’assetto della sicurezza dei dati giudiziari è rimessa in via esclusiva al Ministero e l’accesso al Tiap è non è consentito esternamente. L’avvocato Michele Gorga entra nel dettaglio del caso

Pubblicato il 19 Lug 2016

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Dall’’inchiesta «labirinto» sulle tangenti nei Ministeri e nei grandi enti pubblici, coordinata dalla procura di Roma dalla quale è emerso un filone di indagine dedicato alla gestione del TIAP, il sistema di informatizzazione del settore penale, dalle indagini sta emergendo che la cosiddetta «cricca» faceva affidamento su precise relazioni all’interno del Ministero della giustizia al fine di acquisire – senza pubblica gara – la fornitura del servizio di manutenzione e gestione dei servizi informatici TIAP, ad oggi in uso in alcune procure, inclusa quella di Roma e di Napoli, per poi estendere tali servizi a tutte le altre procure italiane.

Un sistema di spionaggio già in atto, quindi, nei computer dei PM di Roma e di Napoli pare che fosse già attivo e l’intenzione era quella di coinvolgere membri di partiti politici del gruppo di maggioranza affinché la Presidenza del Consiglio dei ministri emanasse un decreto ministeriale per il riuso del software TIAP di proprietà del Ministero della giustizia.

Quindi si puntava a un affidamento diretto e a uno spionaggio seriale dell’attività delle Procure a norma di legge. Segno dell’antistato che diventa Stato. Alla luce delle intercettazioni -non si è ancora accertato fino a che punto verità o millanterie – emergerebbe anche il coinvolgimento di vertici politico-istituzionali del Ministero della giustizia in un disegno imprenditoriale di privati e ciò ancorché il software in uso sia di proprietà pubblica. Per la Direzione Generale dei Servizi Automatizzati i sistemi dispiegati a servizio degli uffici giudiziari sono di esclusiva proprietà dell’Amministrazione della giustizia, che ne detiene i “sorgenti”, ovvero le chiavi di accesso alla loro architettura ed ai dati che vi confluiscono e ne cura direttamente la progettazione, la manutenzione e l’evoluzione.

Il TIAP, da tempo in uso presso numerosi uffici giudiziari, dovrebbe offrire livelli di sicurezza, interna ed esterna, che secondo il Ministero sono assolutamente adeguati. Inoltre l’architettura del sistema prevede, anche la cifratura di tutti i documenti digitalizzati e dei cosiddetti “metadati”, e la stessa procedura di archiviazione non consente alcun collegamento tra il documento, criptato, ed i soggetti o il procedimento cui esso si riferisce. Le stesse modalità di accesso al fascicolo e le singole operazioni effettuate – di consultazione, ricerca, modifica – sono, secondo il comunicato ministeriale, registrate, consentendo così l’esatta tracciabilità di chiunque opera sui sistemi.

Inoltre non sarebbe consentito in alcun modo l’accesso al TIAP dall’esterno della rete giustizia. Le attività di installazione, aggiornamento e diffusione del sistema sarebbero poi operate, in via esclusiva, dalla Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati per il tramite dei propri tecnici e nell’ambito delle ordinarie attività di assistenza, in stretta sinergia e con la costante collaborazione degli uffici giudiziari interessati, per garantire la costante implementazione e la completa sicurezza, interna ed esterna, dei programmi e dei dati. L’assetto della sicurezza dei dati giudiziari sarebbe , pertanto, rimessa in via esclusiva al Ministero della giustizia e trasparente sarebbe l’attività di gestione dei servizi informatizzati.

Ma se tutto ciò è vero, e dovrebbe esserlo, perché le informazioni sono state rese in sede istituzionale, allora perché un’organizzazione con accreditamenti ai vertici del Ministero della Giustizia, del CSM, in grado di determinare l’emanazione di un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che parla di un sistema di validazione del software già fatto, da parte di politici vicini al Presidente, di lettura dei fascicoli della Procura di Roma, quindi non tracciasti, da parte di imprenditori-tecnici, avrebbe dovuto spingere per l’affidamento diretto della gestione del TIAP in riuso per tutte le Procure d’Italia per quale interesse economico-imprenditoriale?

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