La trasformazione tecnologica è strettamente legata al predominio geopolitico, come dimostra la trade war in atto tra Stati Uniti e Cina, condotta a suon di dazi su molti prodotti ad alto contenuto innovativo. In piena “quarta rivoluzione industriale”, i leader mondiali coincideranno con chi possiederà le tecnologie più all’avanguardia unite a talenti, start-up, resilienza e governance.
Lo scrive il World Economic Forum (Wef) in una recente analisi della disruption tecnologica in atto – innescata da innovazioni come l’intelligenza artificiale, il 5G e il quantum computing – e gli impatti sullo scenario geopolitico. Innovazione, talento e resilienza sono gli elementi che determinano il posizionamento dei paesi su questo scacchiere; le super-potenze si fronteggiano per conquistare il predominio sul settore hitech perché ciò garantisce sicurezza, benessere economico e capacità di influenzare gli altri paesi. Al tempo stesso le potenze industriali si stimolano a vicenda a progredire lungo la scala della tech disruption.
Il talento è uno degli elementi cardine su cui i paesi fonderanno la loro super-potenza tecnologica, sottolinea l’analisi firmata da Peter Engelke, Resident Senior Fellow, Strategic Foresight Initiative, The Atlantic Council; già oggi la gran parte delle innovazioni sono prodotte da un ristretto gruppo di paesi. Non c’è una ricetta esatta per far nascere floridi ecosistemi hitech, ma sicuramente contano gli investimenti pubblici in ricerca scientifica e sviluppo, il livello dei sistemi formativi, l’accesso ai capitali, la cultura imprenditoriale e le facilitazioni per le start-up, nonché la protezione della proprietà intellettuale. Il modello è stato dettato dagli Stati Uniti ma oggi i paesi che si sono imposti come tech hub numero uno al mondo sono la Corea del Sud e Israele, che investono ogni anno il 4% dei del Pil in ricerca.
Altro elemento che farà la differenza nella battaglia globale sul predominio tecnologico è la resilienza, ovvero la capacità dei paesi di far arrivare i benefici della tecnologia a più strati della popolazione e al tempo stesso arginare gli inevitabili effetti negativi del progresso, come la distruzione di alcune industrie tradizionali e la perdita di posti di lavoro, tramite sistemi formativi aggiornati e protezioni per le fasce deboli della società.
C’è infine il tema della governance: i cambiamenti portati dalle tecnologie arriveranno prima delle regole per governarli. Oggi non esiste un consenso globale su come regolare l’impatto delle innovazioni; per alcuni paesi le innovazioni non andrebbero regolate affatto. Su questo terreno trovare la strategia giusta è più che mai una sfida, ma secondo il Wef “negoziati bilaterali tra le grandi potenze su una serie di tematiche connesse con le tecnologie possono avere un effetto reale e produttivo sulla governance”. Il Wef sottolinea anche il valore dei forum multilaterali dell’Itu o del Wipo, rispettivamente sui temi delle telecomunicazioni e della proprietà intellettuale, o quelli interni all’Organizzazione mondiale del commercio sulle più generali questioni degli scambi – quasi un monito agli Stati Uniti di Donald Trump che si è detto più volte pronto a uscire dal Wto.