IL CASO

Industria 4.0, che fine ha fatto il “documento” del Mise?

Il position paper annunciato per luglio non si è più visto. Siamo la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, ma i tedeschi diversamente da noi hanno già un action plan. Perderemo anche questo treno?

Pubblicato il 23 Ott 2015

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Lo “tsunami” digitale si prepara a investire il mondo dell’industria. E non ci sarà ramo di business escluso da quella che Ovum definisce la Seconda Rivoluzione Digitale. Questa è la vision dei maggiori esperti mondiali e a riprova dell’importanza del “fenomeno”, Angela Merkel e Francois Hollande presenzieranno al primo summit franco-tedesco (organizzato dai rispettivi ministri dell’Economia) che a Parigi vedrà riunito il mondo dell’industry (startup incluse) con quello delle istituzioni in un dibattito che mira a definire il da farsi per sostenere lo sviluppo dell’ecosistema industriale di nuova generazione.

L’Industria 4.0 sarà il “capitolo” numero due di una rivoluzione, quella digitale, che in prima battuta ha riguardato soprattutto il mondo consumer, ma che nell’andare ad agire nella “struttura” portante dell’economia mondiale, quella appunto della produzione industriale, trasformerà per sempre il mondo. Per l’Italia si apre l’ennesima “finestra”. Siamo la seconda manifattura europea dopo la Germania, ma mentre i tedeschi hanno già definito un Action Plan ad hoc, noi prendiamo tempo. Non si hanno notizie del “position paper sull’Industria 4.0” a cui il Mise sta lavorando da mesi. Stefano Firpo – direttore generale per la Politica industriale, per la competitività e le Pmi del ministero – aveva annunciato in un’intervista al nostro giornale che entro luglio il documento sarebbe stato messo a disposizione (via consultazione) di tutti gli stakeholder, per raccogliere entro questo mese di ottobre considerazioni e proposte e procedere con la messa a punto della strategia finale. Ma agli annunci non hanno fatto seguito i fatti e non è dato sapere come mai e cosa si stia aspettando. L’unica notizia trapelata a fine luglio è stata quella di un report stilato dai consulenti di Roland Berger, che sarebbe finito per l’appunto sul tavolo del Mise, e forse ora si è anche impolverato.

Renzi sta spingendo sulla banda ultralarga, ma a nostro giudizio non deve sottovalutare partite che possono essere ancora più importanti. Il gap accumulato durante la prima Rivoluzione digitale (quella del ventennio 1995-2005) è un dato di fatto. Vogliamo aprire un ulteriore gap e scendere anche nelle classifiche che ci vedono in testa? Il digitale ci sta dando una seconda possibilità, ma se non saremo lungimiranti rischiamo di fare l’ennesimo buco nell’acqua.

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