GLI EMENDAMENTI

Industria 4.0 e Iot, nulla di fatto nella Legge di Stabilità

Non passano gli emendamenti alla Finanziaria presentati dall’Intergruppo per l’Innovazione. Ma non è finita qui. “Il Parlamento può fare molto per stimolare l’innovazione”

Pubblicato il 15 Dic 2015

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Nulla di nuovo e di buono per l’IoT o l’Industria 4.0 nella legge di Stabilità che verrà votata nelle prossime ore con l’ormai consueto meccanismo della fiducia. Gli emendamenti presentati alla Camera da alcuni membri dell’Intergruppo parlamentare per l’Innovazione non hanno condotto i risultati sperati, anche se nella Stabilità i margini di successo sono spesso scarsi.

In ogni caso, se da una parte dobbiamo elogiare i singoli parlamentari che si sono prodigati a favore dell’innovazione del tessuto industriale del paese, dall’altra non possiamo che denunciare il solito disinteresse del sistema politico, partitico e parlamentare verso taluni argomenti. La Finanziaria si conferma essere terreno poco fertile per l’innovazione, funzionando con le medesime logiche di sempre ed essendo immune alle dinamiche della rottamazione, quella vera. O forse sarebbe meglio affermare che la narrativa della rottamazione all’Italiana non contempla una visione a lungo termine delle politiche industriali e di sviluppo.

Certamente gli emendamenti presentati dal gruppo degli “innovatori” hanno dimostrato che, oltre la buona volontà, una piccola parte dei nostri rappresentanti ha compreso la necessità di intervenire urgentemente a favore dell’Industria 4.0, visto il grave ritardo del nostro paese. In secondo luogo il respiro dell’intervento emendativo di questo piccolo gruppo di parlamentari ha dimostrato che tale ritardo non è dovuto alle solite questioni come carenza della banda larga o scarso accesso agli strumenti IoT, ma deriva dalla conformazione del tessuto produttivo fatto di tante, forse troppe PMI e micro imprese, con una cultura manageriale troppo conservatrice.

Se il Governo è ancora una volta in ritardo nonostante proclami e propositi condivisibili e nonostante l’intervento di esperti di grandissime qualità e competenze, è bene che sia il Parlamento a sollecitare con gli strumenti a sua disposizione, la metamorfosi del sistema produttivo italiano. Infatti qui non si tratta semplicemente di dotare le imprese di tecnologia IoT o di robot, quanto di facilitare la radicale trasformazione dei processi produttivi e organizzativi di migliaia di imprese italiane. L’IoT o l’Industria 4.0 non sono infatti solo un’insieme di tecnologie integrate tra di loro che una volta acquistate farebbero funzionare più efficacemente un’azienda. In altre parole, non bastano gli incentivi sull’acquisto di macchine IoT a promuovere lo sviluppo del futuro. L’Industria 4.0 è un’ecosistema complesso il cui funzionamento è favorito – non determinato – dalla presenza di robot e IoT. Lo hanno capito i tedeschi che sin dal 2006 anno in cui organizzavano e perdevano i Mondiali di pallone, si sono concentrati sui processo manageriali e organizzativi delle imprese così da condurle verso una nuova rivoluzione industriale.

I nostri Governi, scoperta la portata dell’industria4.0, hanno superficialmente creduto che bastasse investire nell’acquisto di macchinari, fra i quali IoT e robot, attraverso agevolazioni fiscali per diffonderne l’impiego e quindi transitare le nostre imprese verso il futuro. Nulla di più sbagliato. Il problema non è tecnologico e/o commerciale. Certamente gli incentivi fiscali fanno bene, così come gli emendamenti presentati e non passati in Stabilità hanno intuito: disincentivare il vecchio e incentivare il nuovo, ma il problema vero resta organizzativo e manageriale. Se fosse esistita o esistesse una politica industriale di lungo termine tutto ciò sarebbe evidente da tempo, come avvenuto in Germania. Le politiche per rivoluzionare l’industria italiana, compreso anche il comparto agricolo, devono invece proprio partire dall’interno delle nostre aziende e dei loro uomini, cioè di coloro che le tecnologie le acquisteranno e le dovranno implementare. A loro non servono solo incentivi all’acquisto, ma soprattutto stimoli per riqualificare il proprio personale e ridisegnare le proprie strutture, seppure di micro dimensioni.

Speriamo dunque che il Parlamento continui in questo percorso, avendo compreso che se la politica industriale non arriva dal Governo, si devono trovare altri modi per stimolarla. Non basta produrre studi eccelsi, ma totalmente avulsi dalla complessa realtà. Nella così tanto amata Economia degli “#”tutti i settori quali scuola, lavoro, industria, welfare, sono strettamente correlati. E’ il bello della complessità. Per uscirne servono dei Geni alla B. Constant oppure serve la sperimentazione quotidiana. Il Governo non sembra né dotato dei primi né intenzionato a fare esperimenti per il futuro.

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