«Se dovessi ricreare la mia azienda da zero, oggi come la rifarei?”. È questa, secondo Gianni Potti, presidente del Comitato nazionale di coordinamento territoriale di Confindustria servizi innovativi e tecnologici, la domanda che ogni imprenditore dovrebbe porsi per favorire l’ingresso della propria attività e del Paese nella quarta rivoluzione industriale. “Non è soltanto un problema di tecnologia, ma di ripensamento dei processi produttivi e di cultura d’impresa – sottolinea – Non possiamo essere innamorati di un vecchio modello: ma è facile a dirsi, molto più difficile a farsi”.
Questo però si scontra con la difficoltà a investire dovuta alla crisi. Come se ne esce?
Il problema esiste, specie per le piccole e medie imprese. Credo però che il ruolo delle Regioni e del Governo possa essere importante: non tanto in termini di finanziamenti, quando con sgravi fiscali, voucher, forme anche innovative di sostegno. L’importante è stimolare, spingere a politiche di liberalizzazione. È quello che chiediamo fortemente perché l’imprenditore sia incentivato a muoversi in maniera diversa.
Come sono destinati a cambiare i processi produttivi?
Hanno già iniziato a cambiare, sono ibridati fortemente rispetto alla vecchia catena di montaggio in linea. Oggi abbiamo il cloud, l’e-commerce, la robotica, i big data, tutti strumenti con cui un’azienda crea valore aggiunto.
Quali le opportunità e quali i rischi per il contesto italiano?
Le opportunità sono di agganciare il treno europeo, fatto dai paesi che in questi anni hanno investito sullo smart manifacturing, come Germania, Polonia, Scandinavia, Nord Europa in generale. Mentre Spagna, Francia e Italia, come dimostrano i dati del Pil, sono sicuramente più arretrate. Il rischio, di contro, è di perdere questo treno, di non essere più agganciati all’Europa, che inizia ad andare a un’altra velocità.
Come sarà la fabbrica del futuro?
Sempre meno divisa in servizi e manifattura: saranno fabbriche fortemente ibridate degli uni e dell’altra. L’esempio è l’Europa: dal primo gennaio 2015 nell’Ue le direzioni generali che erano divise tra industria e servizi sono state riunite in un unico soggetto, che si chiama “growth”, crescita. Così dovrebbe essere in tutte le nostre Regioni, senza la frammentazione delle competenze in assessorati diversi, tra attività produttive, innovazione, commercio.
Qual è la vostra ricetta per stimolare la domanda?
Dobbiamo fare divulgazione, alfabetizzare. Sulla fabbrica 4.0 spieghiamo a tutti gli imprenditori, tradizionali e delle startup, che non basta un’app per sfondare. Credo più nelle piccole imprese innovative che sorgono accanto a un manifatturiero forte. Il 30% delle aziende questo percorso l’ha iniziato, ma dobbiamo arrivare al restante 70% di Pmi: ce la devono fare a tutti i costi perché il sistema regga.
C’è un settore in cui la propensione è più spiccata?
Il settore in cui i principi della digitalizzazione sono più avanti di qualche anno rispetto al resto del contesto italiano, pur con alcuni gap da recuperare, è il turismo. Ma ho visto esperimenti interessanti nel mondo della moda e del retail, e anche nell’orafo.
Ci sono esperienze internazionali a cui ispirarsi?
In Germania già esiste un think-tank sull’industria 4.0. Siamo da poco stati invitati dall’ambasciatore tedesco a Roma: ci ha messo a conoscenza del fatto che in Germania esiste una piattaforma promossa dal governo, ma gestita dalle associazioni imprenditoriali su Industria 4.0. Un modello che vogliamo studiare, anche se dobbiamo pensare a una nostra strada, dal momento che l’Italia ha un sistema produttivo diverso. Ma è importante imparare da chi è più bravo di noi.
Avete promosso un roadshow. Che grado di sensibilità ha riscontrato?
Molto alta. Lo vediamo dalla partecipazione, dai dati dei social, e dai dati sul downoload dei materiali che abbiamo messo a disposizione. Ci chiedono di replicare l’iniziativa in altri territori, con nuove tappe fino a dicembre, ad esempio in Toscana e in Puglia.
Lei insiste sul concetto di sharing. In cosa può essere applicato all’industria?
Il concetto di industria 4.0 che noi promuoviamo per la manifattura e il metalmeccanico può essere applicato al turismo, alla moda, all’agroalimentare. Questo stimolo può e deve servire, dentro e fuori da Confindustria, a mettere insieme competenze diverse di settori differenti: ce lo insegna il mercato. Una volta i settori erano rigidamente separati, oggi la linea di montaggio è unica. In questo quadro l’infrastruttura resta decisiva, perché senza l’ultrabroadband o i 10 gigabyte non andiamo da nessuna parte.
Che peso avrà la realizzazione del piano del Governo sull’ultrabroadband?
Quando sento dire che il 99% del territorio sopra la toscana è raggiunto dall’Adsl con più di 2 mega, mi rendo conto che questo è poco utile per le aziende, e che forse non va più bene nemmeno per i cittadini. C’è un bisogno urgente di realizzare il piano sulla banda ultralarga, una precondizione per tutto il resto.