Industria 4.0, la protesta dell’università. Roma Tre: “Si rischia desertificazione culturale”

Affondo del rettore Mario Panizza: “Selezionare pochi centri per valorizzarli solo in alcuni settori può comportare un indebolimento e un abbassamento complessivo del sistema universitario”

Pubblicato il 06 Set 2016

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Con il piano Calenda si rischia la desertificazione culturale e la discriminazione sociale. Non usa mezzi termini il rettore dell’Università Roma Tre, Mario Panizza, per criticare aspramente la strategie del governo per Industria 4.0.

“La sollecitazione a stimolare innovazione e rapporti tra università e impresa è senza dubbio un elemento di sviluppo. Tuttavia, selezionare pochi centri per valorizzarli solo in alcuni settori può comportare un indebolimento e un abbassamento complessivo del sistema universitario – commenta Panizza, che è anche presidente del Crul (Comitato regionale di coordinamento delle università del Lazio) – Ben vengano i finanziamenti alla ricerca e all’innovazione, ma occorre avere la consapevolezza che un Paese si sviluppa se cresce in modo omogeneo e in tutti i campi. Diversamente, si rischia di ottenere un impoverimento del livello generale del sapere e condizioni discriminatorie nel territorio nazionale. Potrebbe risultarne una penalizzazione dei centri di qualità periferici rispetto al nucleo industriale, circostanza che determinerebbe uno squilibrio socio-economico in un settore finanziato con denaro pubblico come quello delle università statali”.

Il piano prevede che il governo – Mise e Miur – sceglierà 4-5 università da finanziare robustamente e trasformare in centri d’eccellenza. Queste super-università svolgeranno due funzioni: preparare i migliori tecnici in sinergia con le imprese, e diventare punti di riferimento (competence center) ai quali le aziende coinvolte nel piano faranno riferimento per consulenze e scambi temporanei di ricercatori. La sceltà cadrà sulle università italiene inserite nei ranking internazionali.

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