La task force sull’industria 4.0 che ha visto lavorare fianco a fianco i tecnici del ministero dello Sviluppo economico e quelli dell’Economia sta per completare il proprio lavoro, e per trasmetterne i risultati a palazzo Chigi. L’ultimo passo prima che la strategia del governo per il rilancio del settore industriale possa essere resa pubblica, e discussa con gli stakeholder in un happening di cui si comincia a parlare per settembre, gli stati generali dell’Industria. Sul piatto c’è la strategia italiana per rimanere al passo con l’Europa e i paesi più virtuosi in questo campo, tra i quali in primo piano c’è la Germania, ma anche più in generale il nord Europa, e tra gli emergenti si candidano Italia e Francia.
A precedere la strategia Italiana, che nelle scorse settimane era stata annunciata a CorCom da Stefano Firpo, direttore generale per Politica industriale, competitività e Pmi al Mise, è arrivato un rapporto di 30 pagine dei consulenti di Roland Berger, che tracciano lo scenario e individuano quattro direttrici d’azione che, con investimenti aggiuntivi di otto miliardi l’anno rispetto a oggi, potrebbero portare l’Italia a centrare su scala nazionale l’obiettivo Ue che vuole portare il settore manifatturiero a contribuire per il 20% al pil dell’unione. I quattro pilastri della strategia proposta dai consulenti di Roland Berger dare un nuovo stimolo all’industria italiana e rendere possibili gli 8 miliardi l’anno di investimenti necessari in Italia sono “relaunch & development bond, previdenza integrativa innovativa, conduit e consorzi di ricerca”.
Il primo è un bond emesso per finanziare progetti di sviluppo e rilancio aziendale ancorati alle logiche e agli obiettivi di industry 4.0, da collocare in un primo momento presso gli investitori qualificati e in secondo momento anche sul mercato retail. “Il Conduit, spiega al sole24ore Roberto Crapelli, Ad di Roland Berger in Italia – si configura come una società veicolo che integra e organizza un indottto di fornitura, pensiamo all’automotive o all’aerospazio e difesa, per rafforzarne la capacità dio finanziamento. Un fondo di equity o di debito che si presenta come un unico soggetto, rappresentando un’intera filiera, a possibili controparti per il finanziamento del capitale circolante o di operazioni di copertura”. Quanto ai consorzi di ricerca, sono stati pensarti per raggruppare aziende e organismi di ricerca, che condividono progetti in ottica industria 4.0, e che potrebbero ricevere fondi pubblici e comunitari: “Potrebbero sistematizzare – spiega ancora Crapelli – il fermento un po’ disordinato che sta fiorendo intoro alle startup innovative”.
Infine la previdenza integrativa, che contando su un sistema di incentivi fiscali e con il coinvolgimento delle fondazioni potrebbe indirizzare sul tessuto industriale 4.0 risorse a medio-lungo termine. Un po’ come succede in Quebec, ricostruisce il quotidiano, dove una parte de contributi è versata in un fondo, affidato a una società di gestione, che investe sul tessuto produttivo una percentuale tra il 2 e il 30% delle proprie risorse.
Secondo le stime di Roland Berger l’industria 4.0 (che si può riassumere per comodità in un sistema di produzione industriale totalmente automatizzato e interconnesso, che anche grazie all’utilizzo del cloud, dei big data e della stampa 3D può migliorare e rendere più efficienti i processi produttivi e indirizzarsi verso una produzione sempre più “personalizzata”) richiederà su scala europea investimenti aggiuntivi di 60 miliardi l’anno fino al 2030, e potrà creare un valore aggiunto stimabile in 500 miliardi oltre che 6 milioni di posti di lavoro.