Sono stati ammessi quasi tutti gli emendamenti presentati dall’Intergruppo parlamentare per l’Innovazione alla Legge di Stabilità 2016. L’emendamento a favore della riduzione della carta ha raccolto sicuramente grande entusiasmo, ma l’interesse industriale del paese è tutto rivolto all’ammortamento al 70% a favore dell’automazione, cioè dell’industria 4.0.
Il testo che porta la firma della parlamentare PD Enza Bruna Bossio e di altri colleghi, fra cui Basso, Boccadutri e Quintarelli, introduce un efficace schema di incentivi: da un lato si favorisce con un ammortamento del 70% l’acquisto di beni materiali nuovi, ossia macchinari, interconnessi tra di loro attraverso una rete e in grado di generare uno scambio di dati. Dall’altro si incentiva di meno (al 10%) l’acquisto di macchinari tradizionali originariamente ammortizzati al 40%. In questo modo chi investe nell’Internet of Things e nell’automazione 4.0 riceve un sostanziale vantaggio.
Ciò rappresenta un primo passo concreto verso l’automazione della nostra industria, in particolare delle Pmi che formano il grosso del tessuto italiano. Nel frattempo cresce l’attesa del paper a cui il Governo sta lavorando e a cui il CorCom ha dato spazio.
Pietro Paganini, Curiosity Officer e Presidente di Competere, ha condiviso con noi la sua soddisfazione: “è un primo importante passo verso l’implementazione dell’automazione dei processi produttivi e organizzativi che non riguarda solo le grandi imprese. L’emendamento si rivolge a tutta la filiera con il duplice scopo di incentivare l’automazione dei nuovi macchinari rispetto all’acquisto di quelli tradizionali. Soprattutto, si rivolge quelle imprese che più faticano a sostenere i costi dell’ammodernamento dei macchinari: le Pmi”.
Prosegue Paganini: “Naturalmente l’emendamento deve essere discusso in commissione l’iter è ancora lungo, ma è un inizio promettente e un segnale positivo da parte del Parlamento. I deputati dell’Intergruppo Innovazione, hanno colto l’urgenza della sfida, e hanno compreso che il problema non è solo tecnologico, ma riguarda l’intero processo aziendale dal punto di vista manageriale e culturale”.
Può spiegare meglio questo concetto?
La tecnologia per l’automazione già esiste e va incentivata, incrementando l’attività di R&D. L’Italia ha sicuramente bisogno di attrarre i grandi produttori di tecnologia e sollecitare le startup IoT, ma la vera sfida è un altra. L’implementazione di questa tecnologia è a carico sia della grande sia dalla piccola e media industria. Non è facile per una Pmi automatizzare: servono gli investimenti giusti, serve la cultura e un management adeguato in grado di ripensare i processi produttivi, elaborare nuovi modelli di business, riorganizzare, e riqualificare.
Sappiamo quanto lei e Competere puntiate sulla formazione. In vista dell’uscita del suo Libro “Allenarsi per il Futuro”, la settimana prossima, come si collegano i lavori del futuro ai nuovi processi di automazione e IoT?
L’automazione è la grande opportunità se non vogliamo perdere il treno della nuova “rivoluzione industriale” o meglio la “rivoluzione dei modelli produttivi”. Tuttavia, come tutte le rivoluzioni, pone una serie di questioni che dobbiamo affrontare e alcune tra le più urgenti riguardano il lavoro. L’automazione crea nuovi posti di lavoro, ma ne perde molti di più. Non è un problema da poco. Quanti sono quelli che crea e quelli che perde? Come possiamo recuperare i posti persi? E poi: formare e qualificare in vista dei nuovi modelli produttivi è una priorità. E’ quello che sosteniamo nel libro in uscita. Serve una scuola aperta che funga sia da luogo di formazione permanente sia da laboratorio per nuovi modelli didattici. La scuola non può più essere un luogo di conoscenze e basta. Deve diventare uno spazio di sperimentazione, dove si maturano caratteristiche alla base del progresso umano: curiosità, creatività e intraprendenza.
Il ritardo dell’Italia con IoT e Industria 4.0 è anche culturale allora?
Ancora oggi non esiste una politica industriale che indichi in quale direzione andare. In Germania il piano strategico per l’Industria 4.0 è partito nel 2011, ma l’idea era del 2006 ed era condivisa su tutti i livelli. Le nostre Pmi invece non hanno ancora la forza culturale, manageriale e finanziaria per innovare i processi produttivi. Hanno idee brillanti, fanno prodotti unici, ma non sono in grado di fare quel salto che ci porta nella nuova industria.
E nel caso l’emendamento non passasse al voto?
L’emendamento darebbe energia ad un settore che ha disperato bisogno di cambiare i propri modelli produttivi per resistere e vincere la competizione. Il mio auspicio è che il Governo possa elaborare un piano industriale che comprenda tutte i punti sottolineati qui. Nel frattempo spero che l’Intergruppo per l’Innovazione e il Parlamento continuino con il lavoro intrapreso, forniscano supporto al Governo ed elaborino con le imprese un percorso di riforme volte a creare condizioni favorevoli per incentivi fiscali, finanziari e un cambio culturale.
Un piano ambizioso…
Più che altro un piano urgente. La complessità della contemporaneità, l’integrazione e la convergenza tecnologica, impongono una sinergia tra tutti i settori, compresa la scuola che è il vero motore del futuro. La creatività oggi trova sfogo fuori dalla scuola, quando invece dovrebbe nascere al suo interno.