Che 2016 sarà per l’ecosistema italiano? Sarà l’anno della svolta? Quali saranno i trend principali su cui si concentreranno le attenzioni di innovatori e aziende? Abbiamo affidato un’ideale sfera di cristallo ad alcuni protagonisti del mondo dell’innovazione made in Italy e abbiamo notato che su alcune previsioni non sono poi così distanti: Internet delle cose, Industry 4.0, fintech, open innovation. Segno che esiste una sensibilità comune anche verso il futuro e che alcune tendenze sono indiscutibili.
C’è anche una fiducia diffusa sul fatto che gli investimenti sulle startup aumenteranno. I temi ritornano negli outlook, a prescindere del settore di appartenenza. Per esempio, Gianluca Dettori, presidente e fondatore della società di venture capital Dpixel, prevede che nel 2016 il fundraising a favore delle nuove imprese innovative sarà “un po’ meno difficile”, perché nell’anno che si è appena concluso sono arrivati molti nuovi investitori sul mercato. Secondo il giudice di Shark Tank, tra le aree su cui si focalizzeranno sempre più aziende e investor ci sarà “l’intelligenza artificiale, con i suoi possibili sviluppi in ambito big data e fintech”, mentre l’Internet delle cose e la robotica potranno avere “qualche applicazione industriale in più rispetto a ora”.
L’uomo dell’anno, prevede e auspica Dettori, sarà Salvo Mizzi, a capo di Invitalia Ventures, il venture capital di Invitalia che ha disposizione un patrimonio di 50 milioni di euro da investire in startup innovative. “È riuscito a creare un formidabile network di investitori, anche internazionale: quest’anno ci farà vedere cose importanti”. Dal canto suo, Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria, è molto fiducioso sull’incremento del numero di Pmi innovative (“nella seconda metà del 2016, chiusa la stagione dei bilanci, ci sarà una forte crescita”) e vede roseo sulle potenzialità della manifattura intelligente. “L’anno prossimo si passerà dalla narrazione di qualcosa che c’è e che è destinato a sconvolgere il nostro modo di produrre: il dialogo da macchina a macchina”. In una parola: Industry 4.0, che – dice – “non è soltanto un’applicazione della ricerca in ambito produttivo, né significa solo un miglioramento della produttività grazie all’uso di sistemi elettronici. Comporta una profonda revisione dei modelli produttivi per arrivare a una vera customizzazione dei prodotti”.
Chi è pronto a scommettere sullo sviluppo di Industry 4.0 nel 2016 è anche Riccardo Donadon, fondatore e amministratore delegato di H-Farm. “Se ne parlerà sempre di più, diventerà un trend, deve diventarlo, perché la nostra industria ha bisogno di automatizzare e digitalizzare i propri processi produttivi: l’Italia, lo sappiamo, arriva sempre un filo dopo, mentre in Germania c’è già una grossa attenzione”.
Per Donadon è probabile un’accelerazione perché anche le imprese più mature stanno diventando consapevoli delle opportunità offerte dalla digital transformation. Ed è possibile che, oltre agli hub di grandi città come Milano e Roma, “esplodano” realtà collocate, come H-Farm, direttamente all’interno dei distretti industriali. Per Alberto Fioravanti, cofondatore e presidente esecutivo di Digital Magics, la collaborazione tra aziende e realtà innovative è destinata a crescere, perché – prevede – “sarà l’open innovation il trend del 2016, e in questo senso si muovono diverse iniziative che abbiamo lanciato tra cui il progetto Gioin, il primo network in Italia dedicato all’innovazione delle imprese italiane”. Il settore da tenere d’occhio, invece, è il fintech. Previsione condivisa da Andrea Di Camillo, founder e managing partner del fondo di venture P101. “Il fintech e in genere tutto il mondo della finanza sono destinati a essere stravolti molto più velocemente di quanto si possa pensare”.
L’ambito finanziario non sarà però l’unico a offrire buone occasioni di investimento. “Per esempio, l’e-commerce, che dal punto di vista di tecnologia e di modello è ormai un settore quasi tradizionale, è un’enorme opportunità: questo canale in Italia cresce del 16% all’anno. Poco? Forse, ma è il 16% di un mercato già da 16,6 miliardi, che vuol dire che solo in Italia e per il solo 2016 sposterà quasi 2,7 miliardi di nuovo giro d’affari. Un buono spazio anche per nuovi entranti, speriamo del nostro Paese…”.