Quanto spendono le città italiane in informatica? Lo rileva uno studio commissionato da Adnkronos alla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica italiana che fa luce sui livelli di spesa per materiale informatico dei comuni italiani: si trovano al nord sette dei dieci comuni che “sprecano” di più.
L’algoritmo che dice e non dice
Il Centro di ricerche ha adottato un algoritmo per individuare i potenziali sprechi nei dati contabili all’interno dei bilanci degli enti pubblici, attraverso cui le spese relative alle singole voci vengono rapportate ad un benchmark di riferimento. A seconda del livello di scostamento della spesa rispetto ad esso, si ottiene una “performance positiva” (quando la spesa è minore o uguale alla media), “scostamento lieve” (quando la spesa si attesta tra la spesa media e il 30% in più), “scostamento considerevole” (quando la spesa è compresa tra lo scostamento lieve e il 100% in più), e “spesa fuori controllo” (quando supera di oltre il 100% la spesa media).
Si tratta però di rilevazioni solo sulla spesa e non sulla tipologia di progetti: un Comune che spende poco è perché ha già speso in passato? O perché non presta abbastanza attenzione agli investimenti in digitalizzazione?
I comuni con la tripla A
Sono 28 i capoluoghi di provincia italiani con la tripla A nella gestione delle spese per materiale informatico, con Piacenza al top con solo 109 euro spesi nel 2020; sul podio anche Rieti (122 euro) e Udine (129 euro), a cui seguono L’aquila (232 euro), Carbonia (309 euro), Catanzaro (649 euro), Nuoro (788 euro), Catania (966 euro) e Bari (980 euro), tutte al di sotto dei mille euro di spesa annuale. La doppia A è stata raggiunta da Rovigo, Monza, Agrigento, Brindisi, Viterbo, Pesaro, Vibo Valentia, Roma, Verbania, Massa, Mantova, Enna, Torino, Arezzo, Caltanissetta, Pistoia, Napoli, Aosta, Ragusa, Barletta, Varese, Gorizia, Belluno. Il rating di A è stato attribuito a Vercelli, Livorno, Trento, Asti, Oristano, Fermo, Salerno, Frosinone, Milano, Modena, Isernia, Pordenone, Potenza, La Spezia, Trapani, Macerata, Cosenza, Alessandria e Urbino.
Chi spende di più
A far da contraltare alle 28 città che hanno ottenuto una tripla A, ci sono quelle col rating C: è Bologna la città che spende di più per i materiali informatici, con ben 523.399 euro, seguita da Brescia (342.968), Trani (206.896), Ancona (187.535), Genova (178.057,47), Reggio Emilia (161.805), Caserta (122.956), Bergamo (121.923), Ravenna (118.718) e Messina (114.469,28), per citare quelle al di sopra della soglia dei centomila euro annui. Ben 7 città sulle dieci meno efficienti si trovano nel nord Italia.
In posizione intermedia, con un rating di B, figurano Prato (82mila euro), Benevento (36mila euro), la citata Messina, Siena e Lecce; un rating di BB è stato attribuito invece a Chieti, Ferrara, Rimini, Genova, Trieste, Pavia, Foggia e Cuneo, mentre il rating di BBB è stato ottenuto da Treviso, Cremona, Lecco, Biella, Padova, Lodi, Avellino, Crotone, Pisa, Bolzano e Matera. Non comparabile risulta il dato di Ascoli Piceno, Cagliari, Cesena, Lucca, Novara, Verona, Vicenza.
Le grandi città
Tra le grandi città, hanno un rating diverso (rispettivamente AA e A) Roma e Milano, che hanno speso 141mila e 150mila euro. Doppia A per Torino e Napoli, con 54 mila e 64 mila euro, mentre Firenze rientra nel gruppo delle tripla A, con 8 mila euro di spesa, cosi come Venezia (6 mila euro) e Palermo (3 mila euro).
I dati Istat
Intanto prosegue il trend positivo della fruibilità dei servizi online, come emerge dall’ultimo rapporto Istat “Ambiente Urbano” relativo al 2020. I servizi online che consentono ai cittadini di concludere l’intero iter via web (livello elevato) rappresentano il 26,5% dei casi contro il 21,7% dell’anno precedente. Diminuiscono invece le quote dei servizi di livello intermedio (inoltro dopo la compilazione), di livello basso (solo scarico della modulistica) e dei servizi che non consentono nessuna operazione online, ma solo la visualizzazione di informazioni.
Il miglioramento della fruibilità dei servizi on line è evidente anche a livello territoriale, soprattutto nei capoluoghi del Nord-ovest (dal 27,3% al 34,3%) e del Nord-est (dal 31,7% al 38,2%), seguono poi quelli del Centro (dal 20,1% al 25,0%).
Nel Mezzogiorno un livello elevato di servizi online è ancora poco diffuso e anche l’aumento risulta più contenuto: nel Sud passa dal 14,6% al 16,7%, nelle Isole rimane sostanzialmente stabile (dal 10,6% al 9,1%).
Nonostante la maggiore diffusione del livello elevato nei capoluoghi metropolitani (33,3%, +2,6 punti percentuali sul 2019), gli altri capoluoghi di provincia hanno in parte recuperato la distanza (22,4%, +6,7 punti sul 2019). In particolare Venezia, Milano, Genova, Roma e Bari offrono più della metà dei servizi online con livello elevato di digitalizzazione.
Considerando i servizi più utilizzati dai cittadini e dalle attività produttive, rispetto al 2019 risulta in crescita il numero dei comuni capoluogo con livello elevato di digitalizzazione.
Dal versante delle imprese i più rilevanti risultano lo Sportello unico per le attività produttive (Suap, da 53 a 58 comuni), la Dichiarazione di inizio attività produttiva (Diap, da 42 a 54), i Permessi di costruire (da 40 a 50) e lo Sportello unico per l’edilizia (Sue, da 42 a 51). Tra i servizi rivolti ai cittadini i più diffusi sono il rilascio di Certificati anagrafici (da 44 a 58 comuni) e i servizi di supporto alle Mense scolastiche (da 50 a 56).