L'ANALISI

Infrastrutture a prova di crollo, IoT e intelligenza artificiale “prevedono” i rischi

Con stanziamenti dell’ordine dello 0,1% del Pil sarebbe possibile realizzare un monitoraggio Ict-based delle infrastrutture per una “manutenzione predittiva” mirata. L’analisi di Fulvio Ananasso

Pubblicato il 30 Nov 2018

Fulvio Ananasso

Presidente di Stati Generali dell’Innovazione e Consigliere Cdti

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Si assiste sempre più frequentemente nelle nostre infrastrutture – viarie e non – a evidenze di deterioramenti, distacchi di calcinacci e pezzi di strutture fino a crolli dai risvolti tragici come il viadotto Morandi di Genova. Non vorremmo dovercene occupare solo sull’onda dell’emozione per simili tragedie, né che si abbassi l’attenzione nel tempo – fino alla prossima tragedia – sulla circostanza ormai acclarata che la vita utile dei ponti in calcestruzzo sia limitata a 50÷70 anni, sia per il deterioramento dei materiali che per le condizioni di utilizzo molto più gravose di quelle stimate in fase di progettazione. D’altro canto, i costi e la sicurezza delle infrastrutture civili giocano un ruolo cruciale per lo sviluppo socioeconomico di un Paese, richiedendone un monitoraggio continuo per poter intervenire con tempestività laddove richiesto. E’ essenziale che il mondo delle costruzioni si adegui ai canoni dell’ingegneria della manutenzione Ict-based (information & communication technology), accelerando la transizione dalla cultura del (solo) progetto a quella della manutenzione e gestione.

Problemi analoghi si presentano ovviamente anche all’Estero – è di poche settimane fa un crollo in una importante arteria di San Paolo in Brasile -, ma i Paesi più avanzati – come il Giappone, con un ordine di grandezza in più di strutture sospese rispetto all’Italia – impiegano ormai da anni sistemi di prevenzione e monitoraggio Ict per la ‘manutenzione predittiva’, mediante rilevamento (automatico) dei principali parametri ambientali, fisici, chimici, meccanici, … delle infrastrutture per poterne stimare lo stato di salute e simularne (analogamente al “digital twin” di Impresa 4.0) i comportamenti futuri e i tempi di possibili defaillance (più o meno serie), permettendo di prendere in tempo utile le opportune contromisure. Da noi, la relativa norma Uni 1047 risale al 1993, ma risulterebbe poco (o nulla) applicata.

Stati Generali dell’Innovazione è piuttosto attiva sul versante Ict dei nuovi paradigmi di sviluppo sostenibile, e intende mettere le proprie competenze e professionalità specifiche (IoT, Data Analytics, Intelligenza Artificiale, Blockchain, … ) a supporto delle Istituzioni per quanto concerne advisory e supporto tecnico alla realizzazione del monitoraggio IoT / Shm (internet of things / structural health monitoring) e relativi algoritmi predittivi, che consentano di monitorare con continuità lo stato di salute delle strutture ed una manutenzione mirata, evitando che si verifichino situazioni di crollo. E’ stato attivato al riguardo uno specifico Gruppo di Lavoro (“Infrastructure Monitoring for Predictive Maintenance”), che approfondisca la questione nel suo complesso elaborando una proposta concreta a livello politico-istituzionale da estendere ai decisori Governativi.

Applicazioni di sistemi Shm in vari Paesi del mondo stanno consentendo il passaggio dal paradigma “safe life” (coefficienti di sicurezza nel dimensionamento strutturale) e manutenzione programmata (secondo piani di manutenzione pre-determinati) a quello del “damage tolerance” (fail safe), con interventi di manutenzione mirata sulla base di priorità stimate dal sistema di analisi dei dati rilevati dai sensori – data mining / analytics, Intelligenza Artificiale (AI).

Shm richiede una stretta collaborazione multidisciplinare tra Ingegneria Civile ed Elettronica / Ict. Non si tratta infatti solo di posizionare sensori / attuatori e raccogliere / elaborare dati, ma di impiegare le linee guida per il monitoraggio strutturale (V. norma Uni/TR 11634:2016) anche durante la fase di costruzione dell’opera, ad es. con tecniche di simulazione building information modeling (Bim). Ciò consente di verificare le ipotesi progettuali, il modello strutturale, le sollecitazioni, i meccanismi di degrado e i criteri di valutazione dello stato dell’opera, utili per intraprendere azioni di manutenzione critiche o decidere di limitarne l’uso (ad esempio chiusura del traffico), con conseguenti risparmi di costi nell’intero ciclo di vita — più che sufficienti a ripagare i costi operativi e in conto capitale (OpEx / CapEx) dei sistemi Shm.

L’architettura distribuita dei sistemi Shm consente il monitoraggio di più strutture, utilizzando dispositivi sia fissi che aerei (e.g. droni) o satellitari in orbita bassa. Questi ultimi consentono solo un monitoraggio statico (passaggi solo periodici sulla stessa zona) e vanno integrati con sensori a terra – monitoraggio sia statico che dinamico. I droni usano videocamere o termo-camere ad alta definizione, sensori multispettrali, Lidar (laser imaging detection and ranging), ecc. mentre i sensori / attuatori terrestri si avvalgono di accelerometri, anemometri, estensimetri, inclinometri, termometri, ecc. — utilizzando tecnologie a bassissimo consumo (e.g. LoRa). Per le connessioni tra sensori / attuatori e data center vengono generalmente utilizzate wireless sensor network (Wsn) e altre configurazioni analoghe, che in futuro trarranno beneficio dai paradigmi di network slicing / softwarization, alta capacità e bassa latenza dell’imminente 5G (2020-2022).

L’ampia disponibilità di dati rilevati rende possibile realizzare una manutenzione predittiva (‘su condizione’), utilizzando i continui progressi nel (big) data mining / machine learning, con massiccio utilizzo di Intelligenza Artificiale a partire dai parametri misurati automaticamente e continuamente nelle strutture, per derivarne stime e predizioni sui possibili comportamenti e prescrizioni sulle misure da adottare in tempo utile prima che si verifichino guasti.

In sintesi, per la messa in sicurezza della rete viaria in esercizio (“brownfield”), occorrerebbe innanzitutto promulgare – in tempi estremamente rapidi norme-quadro vincolanti per equiparare la prevenzione infrastrutturale agli obblighi per la sicurezza previsti dalla normativa vigente. Nel contempo, attivare senza indugio una mappatura delle infrastrutture (V. esempio del Sinfi, ‘catasto’ delle infrastrutture di comunicazione elettronica), costruendo un registro informatizzato delle opere civili (ad es. basato su tecnologia blockchain) che ne individui età, parametri strutturali, stato di “salute”, storico degli interventi manutentivi, in grado di costituire un ‘catasto’ organizzato per classi di rischi potenziali e relative priorità degli interventi manutentivi da porre in essere, con contestuale istallazione di adeguata sensoristica Shm.

Relativamente alle opere civili da realizzare (“greenfield”), imporre l’applicazione delle citate norme-quadro di prevenzione infrastrutturale, e le moderne tecniche di progettazione strutturale in relazione alle caratteristiche geologiche, ambientali, logistiche, del territorio di riferimento, con largo impiego di smart materials & structures (Sms), ICT e sensori embedded già pronti per essere monitorati – non destructive evaluation-ready material (Nderm) -, metodologie “digital twin” / Impresa 4.0, comunicazioni a bassissima latenza (5G), algoritmi e modelli AI per la predizione di eventi a rischio, ecc.

Sebbene ogni singola struttura potrebbe essere ‘cablata’ con poche migliaia, decine o centinaia di migliaia di euro (questi ultimi stimati per il gigantesco viadotto Morandi), in base alla dimensione e complessità, si tratterebbe comunque di investimenti cospicui — visto il numero dei siti da equipaggiare e monitorare. Ovviamente le piccole strutture potrebbero essere equipaggiate con sensoristica molto meno estesa e costosa di quelle più grandi, e raggruppate in pool territoriali che minimizzino i costi di registrazione ed elaborazione dati utilizzando data center condivisi di monitoraggio, comando e controllo. Una valutazione preliminare dei costi indicherebbe alcuni miliardi di euro per l’installazione di adeguata sensoristica e software di elaborazione dati funzionali alla manutenzione predittiva – da spalmare gradualmente su un periodo pluriennale, in base all’età, carico ed altri parametri rilevanti delle varie strutture.

Staremmo parlando dello 0,1% di Pil o giù di lì per qualche anno – per il solo monitoraggio, non per le opere civili di manutenzione. Tali cifre da impiegare in prevenzione sarebbero peraltro inferiori al cumulato di quanto il Paese spende continuamente ex post per ovviare alle conseguenze della mancata prevenzione. Inoltre, potrebbero essere prelevate dagli introiti dell’asta delle frequenze 5G (circa 6,5 miliardi di euro), per dichiarazione del Ministro Di Maio da “reinvestire in nuove tecnologie”.

Come già sottolineato, ribadiamo la disponibilità di Stati Generali dell’Innovazione a mettere le proprie competenze e professionalità specifiche a supporto delle Istituzioni per quanto concerne advisory e supporto tecnico alla realizzazione del monitoraggio IoT / Shm e relativi algoritmi predittivi, che mettano in condizione di monitorare con continuità lo stato di salute delle nostre infrastrutture.

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