Digital transformation, change management, smart working, sono solo alcune delle espressioni che da qualche anno popolano i discorsi dei media, dei manager e di qualche cittadino più attento a ciò che sta accadendo intorno. È la fotografia di un mondo che sta cambiando pelle, che mette in discussione modelli e paradigmi consolidati. In questo contesto l’innovazione digitale è il motore del cambiamento, quello che sta stimolando la ricerca di un’efficienza superiore ma, soprattutto, nuovi schemi di interazione e rappresentazione della realtà. È ovvio che in un contesto così dinamico la domanda, legittima, è “come prepararsi al cambiamento, quali percorsi intraprendere?”. Oltre al tradizionale training on the job che, nella sostanza, significa imparare- facendo, esiste il filone dell’apprendimento guidato, quello che passa attraverso la formazione in aula o a distanza. “L’indagine condotta su un campione di imprese del mondo manifatturiero e dei servizi – spiega Fiorella Crespi, direttore dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano – ci dice che ogni dipendente beneficia mediamente di 5 giorni di formazione, 3 dei quali gestiti in aula.
La spesa media per dipendente è di 395 euro, ben sapendo che il 55% del campione non arriva a 250 euro per addetto. È importante sottolineare che il 22% del budget è destinato alla formazione obbligatoria (es.: sicurezza e primo soccorso), mentre la restante parte spazia dai contenuti manageriali a quelli comportamentali, dalla sensibilizzazione sui temi digitali a quelli linguistici”. Un panorama a tinte grigie, che coinvolge sempre più l’autoapprendimento, fonte formativa primaria per il lavoratore, con alcuni limiti rispetto alla scelta dei contenuti e alla loro aderenza con le attività svolte.
La micro e la piccola dimensione della nostra imprenditoria non incoraggiano certo la formazione, perché le ore di assenza di un dipendente si riverberano immediatamente sui carichi di lavoro dei colleghi. Tuttavia, il digitale può fornire un valido aiuto anche in queste circostanze, come testimonia il crescente interesse verso nuovi canali e approcci alla formazione. “Il digital learning – continua il Direttore – agevola la formazione continua e armonizza le esigenze lavorative con le necessità di apprendimento. I tre quarti del campione ritiene che, nei prossimi tre anni, sarà maggiore l’attenzione verso queste forme di erogazione formativa rispetto a quelle tradizionali.
È, però, opportuno sottolineare che, a oggi, solamente il 12% del budget formativo è dedicato al digital learning. Non basta, infatti, avere gli strumenti, ma occorrono anche le persone che li conoscono bene e che siano in grado di progettare i percorsi formativi secondo schemi digitali. Anche la funzione HR che, più delle altre, presidia l’area formativa, ha bisogno di creare nuove abilità al suo interno. Il digital learning specialist è la figura emergente in ambito formativo, anche se il 60% del campione non ne percepisce ancora l’utilità. Il tempo darà ragione a quel 30% scarso di aziende che hanno investito su queste nuove figure per aggiornare la formazione nei contenuti e nelle modalità di fruizione”. Videocorsi, webinar e MOOC (NdA: Massive Open Online Courses, riguardano i corsi disponibili gratuitamente nel web) sono le modalità di erogazione formativa più diffuse nel digital learning, mentre gli strumenti che migliorano la fruizione formativa digitale in aula – lavagne interattive, tablet, … – sono ancora poco utilizzate.
Cosa spinge le aziende a usare il digital learning? Quasi all’unanimità il campione punta sulla flessibilità, perché in grado di svincolare l’apprendimento dallo spazio e dal tempo. “Non vanno nemmeno sottovalutate altre componenti, come il contenimento dei costi, che incide favorevolmente sulle spese legate agli spostamenti e alle trasferte, o la frequenza della partecipazione, resa più intensa proprio perché indipendente da luoghi e orari. Speriamo che questi fattori – conclude Fiorella Crespi – possano servire a incrementare le ore dedicate alla formazione, ampliando addirittura lo spettro dei contenuti a nuovi temi, che le modalità tradizionali non sempre riescono ad affrontare con la giusta efficacia. Oggi, infatti, gli strumenti di digital learning riguardano, soprattutto, la formazione tecnica, quella obbligatoria e, infine, quella comportamentale. Solamente un terzo del campione li usa per la formazione digitale, per la quale il cammino è ancora lungo e tortuoso”.