Ancora riscontri poco incoraggianti per l’Italia dal fronte dell’innovazione. L’Assirm Innovation Index (Aii), l’indicatore che fotografa la capacità di un Paese di promuovere innovazione attraverso l’attivazione di progetti di R&D, ha infatti evidenziato un risultato negativo (-0,1) nell’ultimo trimestre del 2019. Ideato da Assirm, l’associazione delle aziende di ricerche di mercato, sondaggi di opinione e ricerca sociale, l’Aii è il primo indicatore made in Italy che misura la capacità di un Paese di promuovere e generare innovazione.
L’Italia disperde il vantaggio accumulato fino al 2017
La frenata degli ultimi tre mesi ha riportato il dato italiano a quota otto, dopo un trend positivo che aveva contrassegnato i primi mesi del 2019. Nel nostro Paese permane una grave carenza di investimenti se si pensa che la spesa italiana in R&D resta al di sotto della media comunitaria: l’1,29% del Pil contro il 2,03% degli standard europei. L’equivalente di 21,6 miliardi di euro, contro i più di 92 miliardi messi sul piatto dalla Germania (Eurostat, 2018).
L’arretramento del periodo, si legge in una nota fornita da Assirm, provoca la dispersione di un vantaggio che il nostro Paese aveva guadagnato fino al 2017, quando si erano raggiunti livelli pre-crisi 2008. La performance negativa fa quindi ripiombare la penisola verso le posizioni di retroguardia di una classifica a dieci che vede il predominio della Svezia. L’Italia riscontra difficoltà soprattutto nel mettere a sistema una serie di eccellenze, che pure costellano l’universo della ricerca nel nostro Paese, sprecando un consistente potenziale di competenze che pure non mancano. I contraccolpi sulla crescita economica e sulla competitività sono sotto gli occhi di tutti.
Il resto d’Europa nel dettaglio
Come detto, l’Aii mette a confronto la capacità di 10 Paesi europei, partendo dall’assunto che l’innovazione sia collegata direttamente alla mole di investimenti in R&D e non solo delle sue condizioni macroeconomiche o psico-sociali. In questo senso, la Svezia consolida la sua posizione di testa potendo vantare un trend 2010-2019 che registra un indice pari a 22,2, seguita dai Paesi Bassi (20,5) e, a pari merito, da Repubblica Ceca e Regno Unito (19,6). Anche i diretti rivali del Portogallo accelerano il passo rispetto al nostro Paese chiudendo il 2019 a quota 9,8.
“La drammaticità della crisi sanitaria di questi giorni che ha reso manifesta, a tutta l’opinione pubblica, l’importanza della tecnologia per poter semplicemente continuare a lavorare o apprendere”, rimarca Matteo Lucchi, Presidente di Assirm, “ha messo in evidenza tutte le nostre carenze infrastrutturali e mentali in questo ambito. Mai come in questo frangente ci rendiamo conto che innovazione non significa soltanto maggiori profitti ma anche progresso umano e sociale. Un Paese deve predisporsi ad affrontare il futuro con i mezzi più avanzati per venire incontro alle esigenze di una collettività che chiede servizi all’altezza delle nuove esigenze di comunicazione e trasparenza. Mi sembra”, conclude Lucchi, “che non occorrano altre evidenze per decidere fermamente di cambiare rotta. Il nostro Paese non può più permettersi ritardi tanto manifesti quanto pregiudizievoli. Si tratta di mettere insieme le forze positive del Paese, rivedere la catena di comando e ridefinire processi e dinamiche economiche per compiere quel salto di qualità che a questo punto si presenta come inderogabile”.