Si fonda sull’AI generativa il nuovo futuro per il business: in un contesto in cui la fusione tra digitale e fisico non è solo all’origine di nuovi prodotti e servizi, ma è anche il traino di una nuova era della ricerca scientifica, l’aggregazione e l’utilizzo responsabile dei dati diventa il driver della nuova realtà. E’ lo scenario che emerge dalla nuova edizione della Technology Vision, lo studio annuale di Accenture che si propone di anticipare e intercettare i principali trend tecnologici che impatteranno sulla vita di imprese e consumatori nei prossimi anni.
Accenture stima che fino al 40% di tutte le ore lavorative sarà supportato o potenziato dall’intelligenza artificiale basata sul linguaggio. Tra i leader aziendali, il 98% degli intervistati concorda che i modelli di base dell’AI svolgeranno un ruolo importante nelle strategie della propria organizzazione nei prossimi tre-cinque anni.
“Oggi l’Italia ha la grande opportunità di raggiungere i livelli di produttività dei principali paesi accelerando l’adozione delle tre tecnologie che rappresentano il digital core delle organizzazioni contemporanee: cloud, dati e intelligenza artificiale – afferma Mauro Macchi, amministratore delegato di Accenture Italia –. Ciò consentirà di mettere in pratica quella che in Accenture definiamo una reinvenzione totale, una trasformazione continua, consapevole e responsabile in cui la tecnologia gioca il ruolo di abilitatore del cambiamento. Questo, insieme ad un dialogo sempre più strutturale tra pubblico e privato, consentirà di aumentare la competitività e guidare la crescita”.
E aggiunge: “Il nostro Sistema Paese sarà in grado di vincere questa sfida solo se riuscirà a sincronizzare ed indirizzare opportunamente le trasformazioni nella tecnologia, nello sviluppo di nuove competenze e nei meccanismi organizzativi. L’intelligenza artificiale generativa è senz’altro la tecnologia più promettente e la sua adozione renderà necessario formare non solo i nuovi talenti ma, soprattutto, la forza lavoro attuale con l’upskilling/reskilling di 9 milioni di lavoratori. Investire in formazione porterà anche alla creazione di 2,5 milioni di nuovi lavori direttamente collegati a questa tecnologia. La rapida diffusione dell’AI pone delle sfide anche dal punto di vista etico e regolatorio e per questo guardiamo con favore alla nuova normativa proposta dal Parlamento Europeo”.
I quattro trend del futuro
La Technology Vision 2023 di Accenture, che ha coinvolto complessivamente 4.777 aziende in 34 paesi e 25 settori merceologici, identifica quattro tendenze fondamentali che caratterizzeranno il prossimo futuro.
AI generativa: quasi tutti i dirigenti concordano sul fatto che l’IA generativa sarà il co-pilota dell’ingegno e delle capacità umane, stimolando significativamente creatività e innovazione (98%) e inaugurerà una nuova era dell’intelligenza aziendale (95%); identità digitale: la capacità di autenticazione di persone e risorse rappresenterà l’anello di congiunzione tra il mondo digitale e quello fisico; raccolta e utilizzo consapevole dei dati: l’intelligenza artificiale non può raggiungere il suo pieno potenziale fino a quando le aziende non riusciranno ad utilizzare in maniera strategica i dati a loro disposizione; dialettica tra scienza e tecnologia: il rapporto tra scienza e tecnologia sta diventando sempre più stretto, con l’una che accelera il progresso dell’altra e viceversa. Il 75% degli intervistati ritiene che questa dialettica produttiva potrebbero in futuro sbloccare alcune delle più importanti sfide dell’umanità in vari ambiti.
“La Technology Vision di quest’anno ha l’obiettivo di esplorare quattro trend che avranno un impatto decisivo nel nostro futuro e che aiuteranno le aziende a trovare nuove soluzioni a problemi che ora sembrano insormontabili, ma che potrebbero avere una risoluzione proprio nell’integrazione di queste e altre tecnologie già più affermate come il cloud – dichiara Valerio Romano, Cloud First Lead di Accenture -. Tra queste, l’intelligenza artificiale generativa si sta sviluppando molto rapidamente, e la sua adozione richiede una visione ad ampio raggio, che ne comprenda non solo gli impatti tecnologici, di per se rilevanti, ma anche quelli organizzativi e di processo. Al tempo stesso, il suo impiego richiede un approccio integrato alle leve tecnologiche che l’abilitano”.
Ma ecco il dettaglio dei quattro trend.
Digital identity
Finora non abbiamo mai avuto una “core digital identity” per il web e questo ci ha costretto a identificarci utilizzando, ad esempio, gli smartphone o l’email. Ora, invece, gli innovatori hanno preso atto che per andare avanti è necessaria un’identità per ciascuno e per ogni cosa. Una core digital identity, appunto. L’introduzione di sistemi di core digital identity spinge, in parallelo, a ripensare radicalmente la funzione di queste identità. Come vengono creati e associati i dati? Come sono condivisi e gestiti? Di chi è la proprietà? La transizione sta creando un ecosistema in cui il dato è basato sul consenso e sul valore, e non più sul tracciamento e sul controllo come avviene oggi. Le organizzazioni devono essere pronte ad affrontare il cambiamento trasformando la data governance.
Your data, my data, our data
Le organizzazioni, per diventare effettivamente trasparenti, devono riuscire a esaminare l’intero ciclo di vita dei dati, ripensando quali vengono raccolti e come sono raccolti. È necessario verificare se il proprio approccio alla gestione dei dati sia adeguato, analizzando in che modo vengono utilizzati, chi vi ha accesso e quali funzioni aziendali si desidera abilitare al loro impiego. Un nuovo approccio alla gestione dei dati è fondamentale se le aziende vogliono migliorare l’efficienza operativa, trasformare la loro relazione con i clienti o prendere parte attiva nella risoluzione di alcune delle questioni cruciali connesse alla sfera dell’informazione.
Generalizing AI
È dal 2017 che le tech company e il mondo della ricerca stanno lavorando al miglioramento dei modelli e dei set di training dell’AI. Potenti modelli pretrained, spesso chiamati “foundation model”, che offrono appunto un’adattabilità senza precedenti all’interno dei domini su cui sono stati addestrati. Le nuove capacità dei foundation model e i continui progressi della tecnologia rappresentano un passo avanti in direzione dell’artificial general intelligence (AGI), cioè un sistema AI in grado di imparare qualsiasi compito intellettuale alla stessa stregua di un essere umano.
Alla fine, le operazioni di intelligenza artificiale si sposteranno dalla costruzione di modelli alla costruzione sui modelli esistenti. I professionisti che hanno le competenze per utilizzare i foundation model, adattarli alle esigenze aziendali e integrarli nelle applicazioni diventeranno sempre più richiesti.
Our forever frontier
La rivoluzione scientifico-tecnologica guiderà il progresso verso una fase incredibilmente stimolante per le persone, le imprese e il mondo intero. Sfide come le pandemie e i cambiamenti climatici sono ormai all’ordine del giorno: è giunto il momento di investire e di sfruttare appieno la promessa dell’innovazione compressa e dei cicli sci-tech accelerati. Una promessa in cui scienza e tecnologia si evolvono continuamente nel tempo, guidandosi a vicenda verso il futuro.
Tecnologie di frontiera: il 64% degli italiani è pronto
Il 64% degli italiani (86% tra i 18-34enni) si dichiara pronto al cambiamento introdotto dalle tecnologie abilitanti come AI, realtà virtuale/aumentata, metaverso, Non-fungible token, blockchain. A dirsi più impreparati sono gli over 55enni (47%), i ceti fragili (49%) e le persone con bassa scolarizzazione (48%). In questo quadro, l’80% conosce l’intelligenza artificiale bene o in generale (lo zoccolo duro dei soli che dichiarano di conoscerla bene è al 29%, in aumento di 10 punti percentuali da marzo 2023). In calo di 10 punti vs marzo 23, invece, quanti dichiarano di conoscerla solo a grandi linee. La realtà virtuale/aumentata è conosciuta da 7 italiani su 10 (24% chi ritiene di conoscerla bene). Il livello di conoscenza scende al 39% quando si parla di Nft (Not Fungible Token, 15% chi dichiara una conoscenza più approfondita) e al 37% indicando la blockchain (qui lo zoccolo duro di chi ne sa di più è al 12%).
Dal punto di vista generazionale, se consideriamo solo la fascia 18-34 anni, la conoscenza dell’intelligenza artificiale tocca il punto più alto (87%), quella della realtà virtuale/aumentata l’85%, i Non-fungible tokens il 66%, la Blockchain è conosciuta dal 46%. Tra gli over 55enni invece si rilevano livelli di conoscenza inferiori: intelligenza artificiale 76%, realtà virtuale/aumentata 61%, i Non-fungible token il 23%, la blockchain il 25%.
Sono i dati che emergono dalla ricerca di Swg “IA e dintorni: cosa ne pensano gli italiani” presentata al forum “Oltre l’AI. Le imprese e la sfida del web 3.0” promosso da Web3 Alliance.
Intelligenza artificiale positiva per il 57% degli italiani
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, secondo la ricerca, è giudicato positivamente dal 57% degli italiani (in diminuzione di 10 punti percentuali vs marzo 2023 e – 11 punti vs 2020). La quota sale al 70% nella fascia 18-34 anni. Risulta, d’altra parte, in crescita anche la parte degli intervistati che dà, in merito all’AI, un giudizio negativo (+7 vs marzo 2023), che riguarda soprattutto i ceti fragili (41%) e i meno istruiti (45%). Nel 2020 i giudizi negativi erano al 23%. Nel dettaglio: nel giugno 2023 i giudizi molto positivi sono all’8%, nel marzo 2023 erano al 12%, nel 2020 al 18%. Le opinioni abbastanza favorevoli all’Intelligenza Artificiale in giugno toccano il 49%, in marzo erano al 55% e nel 2020 al 50%. Chi teme i rischi elevati connessi all’Intelligenza Artificiale in giugno è al 25%, mentre era al 23% nel marzo 2023, e al 19% nel 2020. Infine, quanti giudicano l’Intelligenza Artificiale molto pericolosa e assolutamente da evitare sono l’11% in giugno. In sintesi, risultano in diminuzione i giudizi positivi e sale l’incidenza di quanti intravvedono nell’intelligenza artificiale un pericolo.
In merito alla disponibilità ad affidare all’AI una serie di determinate attività della quotidianità, emerge che il 70% farebbe gestire all’intelligenza artificiale la temperatura di casa e gli elettrodomestici, il 69% scadenze e appuntamenti analogamente alla videosorveglianza della propria abitazione. Il 62% farebbe monitorare all’AI il proprio stato di salute, il 61% la impiegherebbe in attività formative (66% tra i 18-34enni), il 56% la utilizzerebbe nel proprio lavoro (specialmente i colletti bianchi al 61%). Altri impieghi dell’AI vengono indicati da quote inferiori del campione: al 55% nella gestione delle scorte alimentari, al 48% nell’assistenza agli anziani, al 45% in attività ludiche (61% tra i 18-34enni), al 45% nella programmazione delle vacanze (18-34enni al 59%), al 42% nella gestione di animali domestici, al 25% per conoscere nuove persone.
Sul versante opposto, sono stati presi in esame i fattori deterrenti rispetto all’utilizzo di sistemi di AI. Come primo elemento di cautela si rileva il timore di delegare a una macchina la responsabilità delle proprie scelte (40%, 50% gli autonomi), connessa al rischio che l’AI decida per me (34%, soprattutto gli over 55 al 45%). Segue l’inaffidabilità delle informazioni che possono provenire dall’AI (28%), e la perdita di controllo dei dati personali (anch’essa al 28%, specialmente tra gli over 55 al 39%). L’opacità dei processi decisionali degli algoritmi si colloca al 27% degli elementi frenanti, mentre le questioni etiche legate all’impatto sulla società occupano il 19%. In fondo alla classifica si trovano il timore di essere rimpiazzati nelle proprie competenze (15%, soprattutto operai al 21% e ceti fragili al 22%), il fatto che l’AI costituisca un sistema discriminatorio (13%), o il caso di non possedere competenze digitali a sufficienza (11%).
Per il 51% degli italiani il metaverso è il futuro
Lo studio si estende anche al concetto di metaverso, contestualmente a quello di AI. Per il 51% il metaverso rappresenta il futuro (61% tra i 18-34enni), per il 30% (dato in crescita di 5 punti rispetto a febbraio 2022 ma in linea con il 32% del novembre 2021) il metaverso è un concetto esagerato che non si realizzerà. Si tratta di opinioni, sullo sviluppo del metaverso, in fase di assestamento e di crescita in quanti non prevedono prospettive interessanti.
È stato, inoltre, sondato a quale livello sia l’interesse a trasferire alcune attività “dentro” il metaverso. Ne emerge un quadro variegato. Il 57% del campione (61% tra i 18 e i 34 anni) vorrebbe accedere al metaverso per recarsi presso sportelli e/o uffici pubblici virtuali, il 56% (75% 18-24 anni) fare incontri di formazione, il 49% (72% 18-34 anni) accedere a spazi virtuali per il benessere/salute mentale, il 43% (65% 18-34, 61% autonomi) lavorare in una stanza virtuale, interagendo in tempo reale con i colleghi attraverso avatar, il 42% fare esperienze nel tempo libero (concerti, musei, tour), il 36% (60% 18-34 anni) acquistare/vendere beni virtuali, il 32% (51% 18-34) conoscere e incontrare nuove persone in forma virtuale, il 28% (38% 18-34) praticare sport all’interno di una realtà aumentata.
Isolamento sociale la “barriera” all’uso dell’AR
Fra i fattori di deterrenza rispetto all’utilizzo di dispositivi di realtà virtuale/aumentata risultano esserci la sensazione di isolamento sociale (46%), il rischio di sviluppare una dipendenza (28%, 36% over 55enni), la perdita dei propri dati personali (24%, 29% over 55enni), il rischio di esperienze sensoriali sgradevoli(17%), la scomodità dei visori (15%, 23% 18-34 anni), la scarsa qualità dei contenuti virtuali (15%, 26% 18-34), le difficoltà tecniche (11%), i limiti legati alle condizioni visive (8%), il timore di affrontare un’esperienza del tutto inesplorata (8%).
Secondo il 55% dei rispondenti, le nuove tecnologie avranno un impatto soprattutto su lavoro e carriere, più che sulla vita personale relazionale. Ciò è tanto più vero tra gli operai (73%) e i 35-54enni (71%), meno tra i colletti bianchi (54%) e gli autonomi (61%). L’impatto del metaverso sarà, invece, più presente nella vita relazionale (personale o nell’entertainment) per il 23% del campione, soprattutto per i giovani e i laureati (35% 18-34 anni, 30% laureati). Il 22% è indeciso.
“Emerge che le nuove tecnologie abilitanti generate con l’AI stanno acquisendo maggiori livelli di conoscenza tra il pubblico e le imprese, lo zoccolo duro degli “esperti” è in crescita – commenta Andrea De Micheli, presidente di Web3 Alliance -. Oltre due italiani su tre si dicono preparati alle novità che verranno introdotte dall’AI. Nello stesso tempo, però, non mancano elementi di incertezza, come opinioni negative sull’AI in generale o timori che le nuove tecnologie possano ridurre i posti di lavoro e gli stipendi. Per questo dobbiamo riconoscere che la strada da percorrere è ancora lunga anche se supportata dai risultati sorprendenti fin qui conseguiti”.