Più di 5 milioni di persone, ogni settimana, soltanto in Italia, usano le piattaforme digitali per le più svariate esigenze. Lo rileva la ricerca “Digital Footprint” del sindacato Uni Europa, attorno ai quali la Uiltucs, categoria della Uil che si occupa di turismo, commercio, servizi e Gig Economy, ha stilato una serie di proposte per tutelare e regolamentare i lavoratori delle piattaforme digitali.
I dati, avvalorati anche dallo studio della Fondazione Debenedetti (stimati in linea generale da 700mila utenti a 1 milione), evidenziano infatti la necessità di inquadrare il fenomeno in una cornice normativa che abbraccia la moltitudine dei lavoratori coinvolti: dai rider, ai lavoratori delle piattaforme di moderazione di contenuti, dal lavoro domestico alla ristorazione, dallo sviluppo web alla traduzione e creazione di testi, al commercio on line e non solo. Il documento realizzato è stato redatto con forte attenzione ad alcune proposte realizzate in ambito nazionale e internazionale, come il “Manifesto per salvare la gig economy”, la “Carta di Francoforte” e le proposte di policy di Uni Europa.
Diviso in due parti – la prima sul lavoro a chiamata tramite piattaforma o app, la seconda sul crowd working – il testo punta a garantire le tutele previste dalla contrattazione collettiva di settore, o tramite specifico accordo aziendale, partendo da un presupposto: è necessario solamente aggiornare alcuni aspetti della contrattazione collettiva odierna. Nel documento trovano spazio, inoltre, una serie di aspetti: la portabilità opzionale del rating, la possibilità per i lavoratori di intervenire sulla valutazione dei clienti, uno o più momenti durante l’anno di confronto tra policy maker, studiosi e parti sociali sui dati utili – anche anonimizzati e in formato open source – per il monitoraggio del mercato del lavoro sulle piattaforme digitali e l’uso dello Spid (Identità Digitale) per il controllo e la gestione degli aspetti previdenziali e assistenziali di chi lavora sulle piattaforme.
“Abbiamo già condiviso il documento – spiega Gabriele Fiorino della segreteria nazionale Uiltucs – con la segreteria confederale Uil presente al tavolo del Ministero per lo Sviluppo Economico per la vertenza sui fattorini delle consegne a domicilio. È un testo utile per ragionare sull’intero mondo lavorativo della gig economy, soprattutto perché ha diverse conseguenze occupazionali su molti settori della nostra categoria. Vuole essere un contributo pratico per attivare un confronto con le imprese e migliorare le condizioni di lavoro sulle piattaforme”.
“Bisogna dare dignità e tutele – aggiunge – a qualsiasi tipo di lavoro e combattere le esternalizzazioni che spesso le aziende usano per scaricare il costo del lavoro sulle spalle dei lavoratori”.
Nell’ultimo incontro di metà dicembre tra il Mise e i riders, il ministro Luigi Di Maio ha presentato la bozza di una proposta di accordo collettivo ad hoc per l’intero settore.
Il testo mira a garantire ai fattorini impiegati “attraverso rapporti di lavoro di tipo non subordinato” nuove tutele come il salario minimo e l’orario di lavoro.
La proposta prevede un contratto, scritto o digitale per assicurare una paga minima oraria; il divieto di pagamento a cottimo; la copertura previdenziale Inps e Inail; massimo tre consegne entro un’ora di disponibilità, deroghe a parte; spese di manutenzione dei mezzi a carico del datore di lavoro: 50 euro mese elevati a 100 in caso di mezzo di trasporto a motore; indennità forfettaria di fine rapporto a carico del datore di lavoro proporzionata alla durata del contratto e all’ammontare complessivo del lavoro prestato. Si parla anche di maggiorazioni salariali per il lavoro notturno e i giorni festivi (30%).
Riconosciuto il diritto alla libertà sindacale ed è prevista la costituzione di un osservatorio, al quale parteciperanno le piattaforme e i rider, che monitorerà lo stato dell’accordo.