Aumentano gli investimenti delle assicurazioni italiane nel settore dell’Insurtech: nel primo semestre 2021 il totale è di 60 milioni di euro, contro i 50 milioni totali del 2020, e con la previsione di arrivare a 100-120 milioni di euro di investimenti in insurtech entro la fine del 2021. Nonostante questa forte crescita, l’Italia non riesce ad avvicinarsi alla media europea e resta fanalino di coda: in 18 mesi il nostro volume di investimenti è di 110 milioni ma Gran Bretagna, Germania e Francia da inizio 2020 fino a giugno 2021 hanno investito, al netto delle operazioni di Ipo, rispettivamente 2,8, 2,5 e 2,2 miliardi. È la fotografia del mercato insurtech italiano al 30 giugno 2021 scattata dall’Insurtech Investment Index, ideato da IIA-Italian insurtech association, l’associazione che riunisce più di 200 player del mercato assicurativo, ed elaborato dall’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano.
I dati sono stati presentati oggi durante la presentazione della seconda edizione dell’Italian Insurtech Summit, il più grande evento innovativo del settore assicurativo italiano, organizzato da IIA, che si terrà il prossimo 20 e 21 settembre.
In Italia manca il collegamento con le start up
L’Insurtech Investment Index Report ha evidenziato come il rapporto tra compagnie assicurative e start up sia ancora a uno stato embrionale in Italia, rispetto a quanto accade in altri paesi europei. Mentre nel primo semestre del 2021 in Germania le compagnie assicurative hanno investito 900 milioni di euro in start up, in Francia 300 milioni di euro e in Gran Bretagna 400 milioni, in Italia solo 60 milioni di euro.
Nel nostro Paese le aziende assicurative sono aperte alla collaborazione, ma prediligono ancora sviluppare internamente la maggior parte delle soluzioni, ricorrendo solo in maniera marginale all’investimento in start up insurtech: infatti solo il 22% delle compagnie ha effettuato almeno un investimento nei primi 6 mesi del 2021 (19% a fine 2020), mentre il 66% ha avviato almeno un progetto interno (63% a fine 2020) e l’80% ha realizzato almeno una partnership con start up o altri player dell’innovazione (75% a fine 2020).
Il 58% delle compagnie ha poi dichiarato di non aver effettuato alcun investimento in start up e secondo le loro previsioni, la situazione non cambierà nella seconda metà dell’anno, con il volume di investimenti che rimarrà pressoché invariato.
Il gap tecnico e digitale e il nodo delle competenze
Ad aggravare lo svantaggio italiano rispetto agli altri Paesi sono inoltre le competenze digitali nel settore assicurativo. Solo il 34% delle compagnie intervistate ritiene gli asset tecnologici interni adeguati per far fronte alle sfide del mercato, rispetto al 66% della media europea. Solo nel 34% delle compagnie esiste una struttura dedicata all’innovazione, contro il 77% in Europa.
Forte il divario anche per quanto riguarda la presenza di una digital unit (2% in Italia contro l’85% in Europa). Il 71% delle compagnie ritiene infatti che ci sia un gap tecnico e digitale a livello di competenze che limita la capacità di sviluppare nuovi prodotti e servizi che siano in linea con le nuove esigenze di un consumatore sempre più digitale.
Tra dieci anni l’82% dei consumatori vorrà polizze digitali
Il consumatore digitale, che oggi rappresenta il 32% del target assicurativo, crescerà nei prossimi anni in modo esponenziale. Entro 10 anni l’82% delle persone interessate a prodotti assicurativi sarà digitale e, secondo i principali istituti di ricerca, l’offerta di questo genere di polizze crescerà in Europa del 30-40% in un decennio. I segnali di questo trend, sotto la spinta di nuove abitudini e stili di vita come la micro mobilità, le auto e le case sempre più connesse, la sharing economy, una maggior attenzione alla salute, sono già visibili, visto che sono state circa 400mila le persone che hanno acquistato polizze digitali nei primi sei mesi del 2021, con una crescita del 114% rispetto al 2020.
Dall’indagine condotta da Efma in collaborazione con IIA emerge come le polizze digitali avranno nei prossimi 10 anni un ruolo sempre più importante tra i prodotti assicurativi nei vari ambiti. In particolare si stima che le polizze digitali in ambito automotive – escluso RC auto che è obbligatoria – saranno il 31% sul totale nel 2030, nel settore travel le polizze digitali peseranno per il 43%, per il 36% per quanto riguarda la mobilità, il 28% per le polizze casa, il 24% per le assicurazioni su infortuni. Il 24% delle assicurazioni per la cura degli animali sarà digitale.
Spingere sui poli Insurtech e il modello open
La pandemia ha infatti trasformato il settore assicurativo, secondo tre direttrici: ha aumentato tra i consumatori la consapevolezza sull’importanza di proteggersi (salute, reddito) e la percezione di utilità della industry assicurativa, accelerandone la domanda; ha fatto crescere l’interesse sull’offerta, specialmente quella digitale; il digitale non è più solo un canale distributivo, ma è diventato un abilitatore di nuovi servizi e prodotti assicurativi.
Per questo motivo l’auspicio di IIA è di aumentare gli investimenti in insurtech da 50 milioni del 2020 a 1 miliardo di euro nel 2023 attraverso: creazione e acquisizione di competenze digitali da parte di tutti gli operatori della filiera, maggiori sperimentazioni e collaborazioni, creazione di poli insurtech, sviluppo di un modello open.
“Si tratta di un traguardo assolutamente fattibile, in quanto la cifra di 1 miliardo rappresenta il 5% del totale degli investimenti del settore assicurativo. Come IIA ribadiamo l’urgenza di indirizzare tali investimenti in insurtech affinché si inneschi un circolo virtuoso a vantaggio di tutto il settore che sempre di più sarà trainato, sia in termini di domanda che di offerta, dal digitale, altrimenti c’è il rischio di rimanere schiacciati da player stranieri”, commenta Simone Ranucci Brandimarte, presidente di IIA. “Il mercato italiano non è ancora maturo per affrontare la sfida dell’insurtech, uno scenario che la nostra associazione sta denunciando da tempo. Bisogna intervenire con urgenza su tutti i fronti per dare una risposta efficace alla nuova domanda”.