La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pronta ad incontrare i vertici di Intel per capire le intenzioni di investimento dell’azienda in Italia. “Quello di Intel è un dossier che devo ancora concretizzare, parlandone con le persone interessate – ha detto nella conferenza stampa di fine anno – Stiamo seguendo e conosciamo il lavoro pregresso sull’importante e strategico investimento che Intel può fare in Europa e in Italia. Da parte nostra massima disponibilità, sto cercando di calendarizzare incontro con l’azienda per capire come possiamo facilitare la decisione e favorire l’investimento. Capire se viene confermata la volontà di, sarà una delle cose su cui lavorerò nei prossimi giorni”.
Riflettori sul Veneto
Nei mesi scorsi indiscrezioni di stampa parlavano di Vigasio, cittadina del Veneto, come location per l’impianto della chip company americana per l’Italia: un hub per l’imballaggio e l’assemblaggio di semiconduttori, che stando a quanto annunciato mesi fa dovrebbe generare fino a 5mila nuovi posti di lavoro – 1.500 diretti e 3.500 dall’indotto – a seguito di un investimento attorno ai 5 miliardi o giù di lì. Sempre stando a indiscrezioni lo Stato si farebbe carico di un finanziamento fino al 40% Il via dei lavori sarebbe fra il 2025 e il 2027, quindi di là da venire.
Il piano europeo di Intel
Lo scorso marzo il ceo di Intel, Pat Gelsinger, ha fornito i dettagli della prima tranche: investimenti per oltre 33 miliardi di euro in nuove strutture produttive, di cui 17 miliardi per la gigafactory in Germania, 12 miliardi per l’ampliamento di strutture esistenti in Irlanda e 4,5 miliardi per la realizzazione in Italia del primo impianto europeo di back-end (packaging) per la fabbricazione di chip.
Gli investimenti in capacità produttiva e ricerca e sviluppo fanno parte della già annunciata strategia Idm 2.0 di Intel con cui il produttore di Santa Clara cerca di rispondere alla crescente domanda di semiconduttori avanzati e di creare una supply chain dei chip più resiliente. In questo progetto l’Unione europea, con il nuovo Chips Act presentato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, avrà un ruolo da protagonista.
Intel porterà in Europa la sua tecnologia più avanzata, ma farà leva, ha chiarito il ceo Gelsinger, sul ricco bacino di talenti, università e centri di ricerca, infrastrutture e know-how manifatturiero del vecchio continente, nonché sulla volontà politica, sia a livello sia Ue che nazionale, di dare sostegno al progetto del chipmaker americano. La Germania, dove avranno sede due mega-fabbriche, diventa la “Silicon Juncture”, ha affermato Gelsinger, il raccordo del silicio, un collegamento tecnologico e strategico per l’intera catena del valore europea dei chip. La Francia sarà invece il quartier generale europeo della ricerca e sviluppo di Intel. Ruolo chiave anche per Italia, Irlanda, Polonia e Spagna, fulcri della fase uno del piano. Tutte le nuove strutture produttive saranno alimentate con energia rinnovabile.
Silicon Junction, punto di congiunzione per gli altri centri di innovazione e produzione del continente europeo, esprime l’approccio olistico della strategia di Intel per i semiconduttori in Europa: “Non si tratta di costruire una o più fabbriche, ma di realizzare un intero ecosistema dei chip”, ha affermato Gelsinger.
Il Chips Act
Intanto l’Europa accelera sul pacchetto di regole che dovranno favorire la produzione di chip e rendere il Vecchio Continente meno dipendente da altri Paesi. Nel 2023 il Parlamento europeo definirà infatti la sua posizione sul Chips Act, dopo che a novembre il Consiglio Ue ha dato il suo via libera con un emendamento che allarga la platea di semiconduttori che potranno beneficare dei sussidi.
Il Chips Act, prevede Bruxelles, mobiliterà oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati. I suoi obiettivi chiave sono: rafforzare la leadership europea nel campo della ricerca e della tecnologia verso semiconduttori più piccoli e più veloci; sviluppare e rafforzare la capacità di innovare nella progettazione, nella fabbricazione e nel packaging di semiconduttori avanzati; affrontare la carenza di competenze, attrarre nuovi talenti e sostenere l’emergere di una forza lavoro qualificata; istituire un quadro per portare la capacità produttiva al 20% del mercato mondiale entro il 2030; sviluppare una comprensione approfondita delle catene di approvvigionamento globali dei semiconduttori.
Secondo la proposta, le aziende che producono chip direttamente nell’Ue avranno diritto a un trattamento preferenziale, ad esempio a un’elaborazione più semplice dei permessi di costruzione o a valutazioni di impatto ambientale meno severe. Potrebbero inoltre ricevere un sostegno finanziario per espandere la produzione. Questi vantaggi sono destinati a quei produttori che si impegnano a investire nella produzione e nell’innovazione.
L’Europa si prepara alle “emergenze”
In cambio i produttori di chip, in caso di emergenze e necessità particolari, dovranno soddisfare alcuni ordini, per esempio, passare a produrre un particolare tipo di chip per un certo periodo di tempo. Spetterebbe agli Stati membri e alla Commissione europea decidere se si è verificata una situazione di emergenza.
“C’è consenso sulla necessità di avere uno strumento di questo tipo disponibile in Europa in qualche forma”, ha riassunto la fonte della presidenza ceca.
Il valore strategico del Chips act
I semiconduttori sono risorse strategiche per le principali catene del valore industriali, sottolinea la Commissione europea. Con la trasformazione digitale stanno emergendo nuovi mercati per l’industria dei semiconduttori, come le automobili altamente automatizzate, il cloud, l’Internet of things, la connettività, lo spazio, la difesa e i supercomputer.
La recente carenza di semiconduttori a livello mondiale ha portato alla chiusura di stabilimenti in una serie di settori, dalle automobili ai dispositivi sanitari. Ciò ha reso più evidente l’estrema dipendenza globale della catena del valore dei semiconduttori da un numero molto limitato di attori in un contesto geopolitico complesso.
L’industria prevede un raddoppio della domanda entro il 2030 e sarà difficile soddisfarla in mezzo a una crisi della supply chain. Per questo, come indicato nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2021 dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, l’Ue ha definito una strategia sui semiconduttori, che prevede la creazione congiunta di un ecosistema europeo dei semiconduttori all’avanguardia, inclusa la produzione, nonché il collegamento delle capacità europee di ricerca, progettazione e sperimentazione di livello mondiale.