il caso

Intelligenza artificiale, Anthropic denunciata per violazione di copyright



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Via alla class action negli Usa: la startup accusata da un gruppo di autori di aver utilizzato alcune opere senza consenso per addestrare il chatbot Claude. Intanto OpenAI si allea con Condè Nast per integrare i contenuti delle riviste in ChatGpt e SearchGpt

Pubblicato il 21 ago 2024

Enzo Lima

giornalista



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Anthropic denunciata per violazione del copyright. La startup, attiva nel campo dell’intelligenza artificiale, è finita nel mirino di un gruppo di autori che l’accusano di aver addestrato i suoi modelli di AI.

I dettagli dell’accusa

Più precisamente secondo Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson – questi i nomi degli autori – l’azienda, finanziata da Amazon, avrebbe creato “un business multimiliardario rubando centinaia di migliaia di libri protetti da copyright”.

Anthropic avrebbe utilizzato il dataset open-source noto come “The Pile” per addestrare i suoi Large Language Model, tra cui Claude, il chatbot che raccoglie libri pirata degli autori più disparati. La stessa startup aveva confermato pubblicamente nelle scorse settimane di aver usato The Pile.

La class action è stata avviata presso un tribunale federale della California.

Accordo Condé Nast-OpenAI

Intesa sul copyright, invece, tra Condé Nast e OpenAI per integrare i contenuti delle sue riviste più famose, come Vogue e The New Yorker, in ChatGpt e SearchGpt. Quest’ultimo è il progetto sperimentale con cui la startup di intelligenza artificiale si pone in diretta concorrenza con i motori di ricerca, tra cui Google. Stando al sito Engadget, l’accordo arriva mentre cresce la preoccupazione per l’uso non autorizzato dei contenuti da parte dei chatbot di IA.  Condé Nast ha già citato in giudizio altre startup per plagio e ha chiesto al Congresso statunitense di intervenire. Un caso simile a quello in cui è coinvolta Perplexity, azienda che sviluppa un omonimo motore di ricerca IA, accusata da Forbes e da Wired di furto di contenuti. A seguito di alcune valutazioni, la società ha lanciato un Publishers’ Program, per condividere una parte dei potenziali ricavi pubblicitari con gli editori che si iscrivono. La partnership di Condé Nast con OpenAI rappresenta un tentativo di monetizzare l’uso dei contenuti da parte dell’intelligenza artificiale e di garantire una compensazione per gli editori. Ad oggi, il nome più caldo dell’intero settore dell’intelligenza artificiale generativa ha accordi conclusi con News Corp, Vox, The Atlantic, il Time e Axel Springer. “Nell’ultimo decennio, le notizie e i media digitali hanno dovuto affrontare sfide difficili, poiché molte aziende tecnologiche hanno eroso la capacità degli editori di monetizzare i contenuti” ha scritto il Ceo di Condé Nast, Roger Lynch, in una nota interna riportata da Engadget. “La partnership con OpenAI inizia a compensare parte di quelle entrate, consentendoci di continuare a proteggere e investire nel giornalismo e nelle nostre iniziative creative”.

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