L’intelligenza artificiale è la star del momento, con il “fenomeno” ChatGpt che ha aperto l’era dell’Ai democratica e rinvigorito l’interesse per i modelli generativi basati sul linguaggio. L’interesse spinge a sua volta le implementazioni nelle imprese e la nascita delle startup, oltre a rafforzare il ruolo dei fornitori di tecnologie legate a intelligenza artificiale e machine learning. Forbes ha stilato, per il quinto anno consecutivo, la classifica delle 50 aziende leader. Prodotta in collaborazione con Sequoia e Meritech Capital, “AI 50” mette in evidenza le più promettenti società non quotate dell’intelligenza artificiale.
Investiti più di 27 miliardi di dollari
Complessivamente le società nell’elenco del 2023 hanno ricevuto un finanziamento di 27,2 miliardi di dollari. La parte più considerevole è rappresentata dall’investimento di 10 miliardi di dollari di Microsoft in OpenAi, la startup che sviluppa ChatGpt e altri modelli, e che è stato dato tutto nell’ultimo anno.
Ma il lavoro sull’Ai non nasce oggi, come dimostrano aziende da sempre presenti nel ranking. Scale Ai, per esempio, è considerata un pioniere del settore, avendo fornito per anni gli strumenti e le competenze che sono stati in grado di trasformare strumenti come ChatGpt da un concetto a una realtà.
Anche AlphaSense e Vectra Ai sono attive da più di un decennio, mentre la più grande azienda della lista, Databricks, impiega ormai più di 5.000 persone.
Boom di startup, Microsoft investe
Nel frattempo, una schiera di startup ha approfittato della propensione degli investitori ad essere generosi con il settore Ai per dare vita a società già con lo status di unicorno. Adept, Anthropic e Cohere sono tra le aziende fondate negli ultimi due anni che si sono assicurate centinaia di milioni di investimenti.
Adept, in particolare, è una società di San Francisco che sviluppa modelli Ai per assistenti digitali; si è assicurata 415 milioni di dollari da investitori che includono Microsoft e Nvidia.
Anche Anthropic è nata a San Francisco e sviluppa modelli Ai; è stata finanziata complessivamente con 1,3 miliardi di dollari; Cohere è, invece, canadese e ha raccolto 175 milioni.
Tra le novità di nota della classifica di quest’anno ci sono Insitro (drug discovery), ancora una società di San Francisco, guidata da una super-esperta di Ml, Daphne Koller, e la newyorkese Runway che sviluppa Ai per il settore creativo (image and video editing). È stata fondata a Londra Synthesia, la cui Ai crea video istantanei in 120 lingue diverse.
Midjourney e Surge AI, da parte loro, hanno rapidamente accumulato enormi bacini di clienti senza alcun finanziamento esterno.
I colossi sono americani
Tra i colossi in termini di dipendenti, dopo Databricks, ci sono Anduril Industries (software per la difesa), che ha uno staff di 1.600 persone, e Gong (sales software), che ne ha 1.200. Entrambe sono società californiane.
Per finanziamenti ricevuti le prime sono ancora Databricks (3,5 miliardi), Anduril Industries (2,4 miliardi) e la già citata Anthropic (1,3 miliardi). OpenAi ha messo in cassa in tutto 11 miliardi, grazie a Microsoft.
Tra i settori coperti, oltre allo sviluppo di modelli Ai, ci sono verticali, come la scoperta di nuovi farmaci, le applicazioni per l’agricoltura o per il commercio, e casi d’uso specifici come i chatbot, l’analisi della voce, l’editing di foto e video, la cyberdifesa, la sicurezza It, l’automazione nei trasporti e la robotica industriale.
Una lista più globale, ma c’è poca diversity
Quest’anno segna la prima volta che la classifica Ai 50 viene aperta a livello globale, anziché solo alle aziende nordamericane. Forbes ha ricevuto quasi 800 candidature e nella lista sono entrate l’israeliana ImaginAi (photo editing), l’inglese PolyAi (chatbot vocali), la giapponese RevComm (analisi vocale), la citata Synthesia e un’altra israeliana, Trigo (checkout senza cassa per il retail). Per il resto è un dominio statunitense. I candidati sono giudicati in base alla proposta commerciale e all’uso tecnico dell’Ai attraverso un algoritmo quantitativo e gruppi di valutazione qualitativi.
Le aziende sono incoraggiate a condividere i dati sulla diversity e la lista mira a promuovere un ecosistema di startup più equo. Tuttavia, devono ancora essere fatti progressi nel settore: solo 12 aziende hanno cofondatrici donne, cinque delle quali fungono da Ceo. Otto aziende hanno fondatori neri o di origine latino-americana.