SCENARI

Intelligenza artificiale, lavoratori pronti alla svolta. Sfida etica per i manager

I dati Bcg: per il 79% dei dipendenti grazie agli algoritmi aumentano collaborazione e creatività, con impatti positivi sulla produttività. E secondo uno studio Ibm spetta agli executive il compito di guidare la trasformazione, mitigando i bias in nome dell’inclusività

Pubblicato il 14 Apr 2022

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L’intelligenza artificiale è destinata a cambiare profondamente il modo di funzionare delle aziende, com impatti sui dipendenti ma anche sul top management. A scattare la fotografia due studi: uno di Bcg che analizza il sentiment dei lavoratori e l’altro di Ibm sul ruolo dei manager nel promuovere un AI etica.

L’apprezzamento dei dipendenti

Il 79% dei dipendenti promuove l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sui luoghi di lavoro: usarla con efficacia, infatti, ha effetti positivi sulla collaborazione e sul morale. E’ quanto emerge dal report The Cultural Benefits of Artificial Intelligence in the Enterprise, realizzato da MIT Sloan Management Review e Boston Consulting Group.

Secondo i leader aziendali presi in considerazione dal campione della ricerca l’Intelligenza artificiale p uno strumento che permette alle organizzazioni di diventare più efficienti e di migliorare i processi decisionali. Ma è utile anche per aumentare l’efficacia organizzativa e rafforzare i team e le culture aziendali.

La ricerca è il frutto di un sondaggio globale che ha potuto contare sulla partecipazione di 2.197 manager, oltre che sulle interviste realizzate con 18 dirigenti che hanno introdotto soluzioni di AI in grandi organizzazioni appartenenti ad un’ampia gamma di settori, dai media ai servizi finanziari, al retail, ai trasporti. Tra queste Cbs, Cooper Standard, H&M, Humana, Klm, Levi Strauss & Co, Mastercard, McDonald’s, Moderna, Nasdaq, Northwestern Mutual, Notre Dame-IBM Technology Ethics Lab, PepsiCo, Pernod Ricard, Rexel, Spotify e 1-800-Flowers.

Dallo studio emerge con chiarezza una dinamica: la cultura aziendale influisce sull’AI e, al contempo, le implementazioni dell’AI influenzano la cultura aziendale, con un’ampia gamma di benefici culturali legati all’implementazione della tecnologia sia sul piano dei team sia su quello dell’organizzazione.

“In Italia, l’adozione dell’Intelligenza Artificiale rimane ancora limitata rispetto al panorama internazionale – afferma Roberto Ventura, managing director e Partner di Bcg – Tuttavia, le aziende early adopter hanno riscontrato un miglioramento nel lavoro dei propri team dopo l’implementazione dell’AI. Questa tecnologia, infatti, agevola il passaggio ad un approccio end-to-end della gestione del lavoro, favorendo l’integrazione dei processi e la collaborazione tra i dipendenti. In secondo luogo – prosegue Ventura – l’AI rende più stimolante l’esperienza lavorativa dei dipendenti, che vedono in questa tecnologia uno strumento per automatizzare i processi ripetitivi e lasciare più spazio all’apprendimento personale”.

“In questo modo – conclude – l’AI spinge i dipendenti e l’intera azienda a rivedere il proprio modo di lavorare in un’ottica di semplificazione e ottimizzazione dei processi. Per raggiungere questi obbiettivi e generare benefici è, però, necessario applicare l’AI coinvolgendo direttamente gli utilizzatori finali ed assicurandosi che il management favorisca attivamente il cambiamento all’interno dell’azienda”.

La sfida etica

L’etica nell’AI è a un punto di svolta. L’utilizzo diffuso dell’AI in vari settori ha suscitato preoccupazioni per gli impatti etici che può avere. Per questo, istituzioni come l’Ue stanno studiando nuove regole per ridurre le disuguaglianze che l’AI potrebbe portare nella società. In questo contesto l’Institute for Business Value di Ibm ha analizzato e  raccolti le opionioni dei manager sull’importanza dell’etica nell’AI e sui possibili utilizzi concreti.

L’80% degli intervistati ha indicato un dirigente ‘non tecnico’, ad esempio il ceo, come la persona che deve spingere per introdurre l’etica nell’AI in azienda. Dato in forte aumento rispetto al 15% nel 2018.

Il 75% (contro il 50% del 2018) dei manager intervistati quest’anno concordano che l’etica dell’AI è importante per le loro aziende, oltre che essere una fonte di differenziazione competitiva. Infatti, il 67% degli intervistati che considera l’etica nell’AI importante, indica che la propria azienda superi la concorrenza in termini di sostenibilità, responsabilità sociale, diversità e inclusione.

Il 68% delle organizzazioni riconosce che avere un posto di lavoro diversificato e inclusivo è importante per mitigare i pregiudizi nell’AI, ma i risultati dello studio indicano che i team che lavorano per l’AI sono ancora poco diversificati. Rispetto alla media aziendale (33% della forza lavoro), le donne che lavorano per lo sviluppo dell’AI sono solo il 6% del totale del team, 1% individui LGBT+ (rispetto al 4%) e 1,7 volte meno inclusivi dal punto di vista etnico.

Inoltre, meno di un quarto delle organizzazioni ha reso operativa l’etica dell’AI e meno del 20% degli intervistati ha concordato fermamente sul fatto che le pratiche e le azioni della propria organizzazione corrispondono ai principi e i valori dichiarati.

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