L’INTERVENTO

Intelligenza artificiale, padre Benanti: “Sta cambiando le catene di potere mondiali”



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Il presidente della commissione Intelligenza artificiale al meeting di Rimini: “Il tema è passato dai tavoli degli ingegneri a quelli istituzionali. La sfida è come addomesticare questa tecnologia in un sistema sociale che crede così tanto nelle mediazioni di potere democratiche”

Pubblicato il 23 ago 2024



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Con l’intelligenza artificiale “stiamo cambiando le catene di potere all’interno del mondo. Parlare di intelligenza artificiale non è più solo parlare di tecnologia, ma parlare di una questione di potere, quindi di una questione che ha a che fare con la nostra coesistenza, con quella cosa così fragile e preziosa che è la nostra democrazia. Ecco perché improvvisamente l’intelligenza artificiale si è mossa dai tavoli degli ingegneri ed è arrivata ai tavoli istituzionali: la grande domanda, essenziale, è come addomesticare questa tecnologia in un sistema sociale che crede così tanto nelle mediazioni di potere democratiche”.

Sono le parole di padre Paolo Benanti, docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, esperto di bioetica, etica delle tecnologie e human adaptation, membro del New Artificial Intelligence Advisory Board dell’Onu, oltre che presidente della commissione per l’Intelligenza artificiale. Benanti è intervenuto come relatore del panel intitolato “L’essenza dell’intelligenza artificiale. Strumento o limite per la libertà?” andato in scena ieri al Meeting di Rimini.

L’educazione è fondamentale per evitare che l’AI deragli

ChatGpt e l’intelligenza artificiale”, ha aggiunto Benanti, “sono la seconda grande sfida. Perché l’arrivo dell’intelligenza artificiale sfoca dove si compiono i processi computazionali: non sappiamo più se accadono nel nostro potere computazionale locale o in un potere computazionale centralizzato che si chiama cloud. Questo è un problema: ora il potere computazionale centralizzato sta aspirando tutte le cose che abbiamo digitalizzato e chi detiene quel potere detiene tutto il potere”.

Ma, secondo Benanti c’è un altro tema. “Per vivere l’essenziale dobbiamo affrontare cosa significa vivere una realtà definita dal software del quale abbiamo solo una licenza d’uso, non siamo proprietari, dobbiamo affrontare cosa vuol dire democratizzare il potere computazionale. L’intelligenza artificiale abiterà nella nostra quotidianità” e “la dinamizzazione di tutti i nostri device ci deve far interrogare su come garantire una sicurezza che è intergenerazionale”.

Benanti ha precisato che “la prima vera grande rivoluzione e la prima vera grande cyberdifesa di questo spazio digitale è l’impegno educativo: è una cosa fondamentale. Se noi non trasmettiamo le competenze alle generazioni successive, le generazioni successive ne saranno sprovviste” .

Un accesso alla democrazia intergenerazionale può esserci solo con l’educazione, intesa come “capacità di costruire quei guardrail fondamentali per evitare che queste macchine così utili vadano fuori strada. Noi siamo la generazione che deve decidere di questo”, ha concluso padre Benanti.

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