Le imprese italiane, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, sono in ritardo sugli investimenti nel campo dell’intelligenza artificiale. A evidenziarlo è la quarta Rilevazione Imprese e Lavoro di Inapp, Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, condotta su un campione di 30mila imprese, che sottolinea come soltanto il 2% delle pmi con almeno 10 dipendenti abbia effettuato investimenti in questo campo tra il 2019 e il 2021.
La percentuale sale al 10% se si prendono in considerazione gli investimenti che oltre all’intelligenza artificiale riguardano anche i big data, tecnologia abilitante per l’AI. Il panorama italiano rimane abbastanza variegato, a seconda delle dimensioni, della tipologia e della collocazione geografica delle imprese: quelle che adottano l’intelligenza artificiale, ad esempio, variano da una percentuale dell’1,5% se si prendono in considerazione esclusivamente le imprese con meno di 50 dipendenti al 12% di quelle con oltre 250 dipendenti, e dal 7% se di prende in esame il comparto dei servizi ad alta tecnologia all’1,2% dei servizi meno qualificati.
La mancanza di cultura e competenze
“Mentre nel nostro Paese sull’intelligenza artificiale siamo ancora alla discussione tra ‘apocalittici e integrati’ – spiega Sebastiano Fadda, presidente di Inapp – i principali competitor investono convintamente in quest’area che è destinata a migliorare i processi produttivi e l’organizzazione del lavoro. Ad oggi il primo gap che caratterizza le pmi è senza dubbio la mancanza di cultura e di competenze in materia: sanno che l’intelligenza artificiale esiste ma ancora non sanno come utilizzarla per migliorare le proprie performance“.
“Per molte – prosegue Fadda – si tratta di partire proprio dalle basi, ovvero dalla trasformazione digitale e dalla utilizzazione dei big data. La concatenazione con gli investimenti in formazione e nelle tecnologie contigue necessarie per lo sviluppo e l’applicazione dell’AI neutralizza i timori per la distruzione di posti di lavoro che potrebbe conseguirne”.
AI complementare con le altre tecnologie digitali
Secondo i risultati della ricerca la diffusione dell’intelligenza artificiale è strettamente legata, in questo periodo iniziale, alle altre tecnologie digitali, per l’adozione delle quali sarà necessario spingere sull’acceleratore se si vuole evitare che le disuguaglianze produttive e competitive che caratterizzano il sistema Italia diventino con il passare del tempo più profonde.
Le conseguenze sul mondo del lavoro
Un aspetto interessante che emerge dalla rilevazione Inapp è che mentre nel caso di chi adotta soltanto tecnologie di intelligenza artificiale non si assiste a particolari conseguenze, in positivo o in negativo, sui livelli occupazionali, la situazione cambia quando l’AI è adottata in modo complementare con gli investimenti in Big Data e Robotica.
In questo caso infatti la quota di posti di lavoro richiesti registra un incremento dello 0,7%. A questo si aggiunge un aumento degli investimenti aziendali in formazione professionale, che può arrivare anche al +13%. Un dato che secondo l’analisi di Inapp testimonia come in questa fase storica gli investimenti in Ai delle aziende siano rivolti più al proprio interno che all’esterno.
La necessità di una visione strategica
“È fondamentale avere una visione strategica che consenta di accelerare e potenziare gli investimenti delle imprese, rafforzare le competenze digitali dalla scuola al mondo del lavoro e acquisire maggiore consapevolezza e conoscenza delle potenzialità dell’AI – conclude Fadda – Ma la realizzazione di una strategia organica richiede una coerente messa a sistema degli incentivi e un forte coordinamento con le politiche di cambiamento strutturale del nostro sistema produttivo. Il Pnrr contiene più di un segnale incoraggiante in questa direzione, ma è necessario un grande sforzo di realizzazione”.