Nelle economie che abbracciano pienamente l’intelligenza artificiale sono attesi incrementi annuali di produttività nell’ordine dell’1,5% per circa 10-20 anni; se si ipotizza che l’Ai sia implementata da circa un terzo dell’economia con un incremento di produttività del 20%, l’impatto sulla produttività di tutta quell’economia sarà di una crescita dell’1,3% annuo per i primi cinque anni e dello 0,6% nei primi dieci. È quanto si legge nello studio di Sace “Where to Export Map 2024” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), realizzato in collaborazione con Fondazione Enel.
Il report del gruppo assicurativo-finanziario italiano controllato dal Mef è un’analisi a tutto tondo dei rischi e delle opportunità per le imprese, in particolare le pmi, di fronte agli effetti economici dei cambiamenti climatici, ai possibili impatti delle instabilità geopolitiche e dell’andamento dei tassi di interesse. Lo studio traccia i trend del commercio internazionale e degli investimenti diretti esteri e suggerisce i principali mercati dove le imprese italiane possono cogliere le maggiori opportunità. In questo contesto, si inserisce l’innovazione tecnologica, con l’Ai in testa, che sostiene le imprese nella gestione dei rischi e nella costruzione di un nuovo vantaggio competitivo.
Il ritmo di implementazione dell’Ai dipende, però, chiarisce Sace, da numerosi fattori, sia tecnologici che economici o normativi, ma molto è legato alle competenze: cruciali sono la formazione della forza lavoro e i cambiamenti organizzativi e di processo che permettano di sfruttare appieno gli investimenti di capitale che ne derivano.
Ai: quando ne vedremo i benefici?
Lo studio di Sace sottolinea che, anche per l’Ai – come per tutte le tecnologie innovative -, occorrerà tempo per poterne (e comunque non pienamente) vedere i benefici annessi: sebbene sia un’innovazione presente ormai da una decina d’anni, valutarne gli effetti è ancora complicato per vari motivi tra cui: i) è necessario che siano anche sviluppate numerose innovazioni complementari (ad esempio la visione artificiale); ii) una nuova tecnologia non si traduce in guadagni immediati di produttività e, anche se già esistente, non significa che essa sia implementata dalle imprese in modo immediato o efficace; iii) le statistiche ufficiali non sempre (e non pienamente) riescono a catturare tutti i vantaggi derivanti dalla diffusione dell’Ai in tutta l’economia.
Tuttavia, uno degli aspetti innovativi della “rivoluzione Ai” rispetto a tutte le precedenti è di aver ridotto i tempi necessari per poter vedere i primi benefici da essa derivanti, grazie anche a un fattore fondamentale per la crescita e lo sviluppo della tecnologia: il capitale umano e più in generale un mercato del lavoro più flessibile e aperto ai cambiamenti rispetto al passato.
I vantaggi principali: efficienza e produttività
Tra i benefici per la produttività quello più impattante è il risparmio di efficienza una tantum; la produzione per ora lavorata può incrementarsi attraverso l’aumento di tre fattori: i) la quantità di capitale per lavoratore, ii) la qualità della forza lavoro e iii) la produttività multifattoriale, cioè l’efficienza con cui il lavoro e il capitale sono combinati, ad esempio favorendo migliori pratiche di lavoro.
Secondo le evidenze empiriche, i primi risultati effettivi sono da aspettarsi fra una decina d’anni e che, prendendo come buona proxy la rivoluzione dell’Ict, è plausibile aspettarsi per le economie che abbracciano pienamente l’Ai una spinta alla crescita annuale della produttività nell’ordine dell’1,5% per un periodo di un decennio o due. Ipotizzando che l’Ai incrementi la produttività del 10% in un terzo di un’economia di un Paese, si avrebbe un aumento di produttività annua dello 0,7% nei prossimi cinque anni o dello 0,3% nei prossimi dieci; se l’incremento fosse del 20%, (ipotesi plausibile secondo molti studi) l’incremento della produttività annua sarebbe dell’1,3% nei primi cinque anni e dello 0,6% nei primi dieci. Gli effetti più dirompenti si avrebbero soprattutto nei mercati sviluppati che negli ultimi anni hanno registrato una bassa crescita della produttività.
Ai e smart agriculture
Secondo Sace, tra i settori dove l’implementazione dell’Ai può generare interessanti benefici vi è sicuramente l’agricoltura, dove, ad esempio, questa tecnologia offre soluzioni innovative per aiutare i piccoli agricoltori a coltivare in modo più efficiente ed efficace, fornendo informazioni e strumenti per migliorare la produttività e la redditività delle loro colture.
L’Ai mette a loro disposizione informazioni su varietà di colture, metodi di precisione, previsioni meteorologiche, mercati e opportunità di finanziamento: dall’identificazione di malattie delle piante, ottimizzazione dell’irrigazione e della fertilizzazione, monitoraggio delle condizioni del suolo e previsioni del rendimento delle colture, alla facilitazione all’accesso a servizi finanziari, come assicurazioni, prestiti e pagamenti digitali, basati sull’analisi dei dati. Ad esempio, l’Ai può essere uno strumento di valutazione del rischio del credito degli agricoltori, offrire polizze assicurative personalizzate, o consentire transazioni sicure e rapide tramite piattaforme digitali.
E, se per vedere l’effettiva implementazione in numerosi Paesi ci vorrà tempo, tra cui sicuramente i maggiori beneficiari potranno essere quelli africani e asiatici, alcune evidenze sono già presenti, come per esempio in Thailandia dove già da tempo sono in essere i programmi governativi Smart Farmer e Young Smart Farmer che incoraggiano i coltivatori ad adottare l’agricoltura di precisione connettendosi con le nuove tecnologie includendo droni controllati dall’Ai e software per l’irrigazione intelligente.. Sempre la Thailandia a ottobre ha lanciato il primo satellite, Theos-2, per l’osservazione della Terra che raccoglierà dati per l’agricoltura intelligente. In Africa, Kenya, Ruanda, Tanzania e altri Paesi stanno destinando risorse alla costruzione di un ecosistema digitale per gli agricoltori perché possano accedere a servizi di divulgazione online, previsioni meteorologiche, informazioni di mercato e finanziamenti.
Tuttavia, bisogna tener conto anche delle sfide e dei rischi da affrontare, come la qualità dei dati, la regolamentazione, la connettività, l’alfabetizzazione digitale e l’impatto ambientale; ancora una volta la formazione risulta uno strumento fondamentale.
Stipendi in crescita con le AI skill
E le competenze nel campo dell’AI stanno rimodellando il panorama professionale, dal modo in cui le organizzazioni sono strutturate all’esecuzione delle attività quotidiane.
Una ricerca di Amazon Web Services, che ha coinvolto 6500 dipendenti e 2000 datori di lavoro tra Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, ha evidenziato come l’adozione dell’AI diventerà universale entro il 2028 – l’86% dei datori di lavoro prevede che le proprie organizzazioni saranno guidate dall’intelligenza artificiale. Infatti, quasi l’80% dei dipendenti prevede di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale generativa entro 5 anni.
Inoltre, i programmi di formazione e istruzione possono contribuire a colmare il divario di talenti: il 60% dei datori di lavoro intervistati considera prioritaria l’assunzione di talenti con competenze ed esperienza nell’intelligenza artificiale, ma l’81% di questi datori di lavoro non riesce a trovare i talenti di cui ha bisogno. Inoltre, la formazione sulle competenze di intelligenza artificiale può aumentare gli stipendi fino al 30%, con aziende che saranno sempre più disposte a pagare salari alti per accaparrarsi chi ha nuove competenze.