‘‘Nell’impiego delle tecnologie ai fini investigativi gli altri Paesi sono molto più avanti rispetto all’Italia. Le nostre forze di polizia, a cui è tradizionalmente riconosciuto un primato di professionalità e competenza, oggi sono escluse dai tavoli dove sono le tecnologie digitali a governare le intercettazioni”. Lo ha detto il Procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo, intervenendo nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni in Commissione Giustizia del Senato.
”Giovanni Falcone diceva che i mafiosi sono una lunghezza di vantaggio rispetto a noi, oggi i cartelli criminali hanno una capacità di adattarsi alle moderne tecnologie, hanno una ‘security’ che non ha nulla da invidiare a quelle delle grandi società – ha sottolineato – Con l’ingresso nell’era digitale lo Stato si è ritirato dal governo delle tecnologie nella giustizia e questo è un tema su cui è necessario misurarsi”.
Quanto ai possibili abusi, il Procuratore Nazionale Antimafia ha evidenziato: ”Molti uffici giudiziari hanno sviluppato una cultura dei dati delle intercettazioni che offrono la misura di quali garanzie sono applicate”.
”E’ necessario – ha poi evidenziato Melillo – realizzare incrementi di garanzie ma senza detrimento dell’efficacia indagini, si tratta di una realtà complessa e non esistono ricette illusorie”.
Il ruolo dei trojan nelle indagini anti-mafia
”Da procuratore nazionale antimafia io ho il dovere di dire che ridurre la possibilità dell’uso del trojan nei reati contro la pubblica amministrazione minerebbe anche le indagini sulla criminalità organizzata – ha sottolineato – Molte di esse, soprattutto quelle riferite alle componenti più sofisticate del ciclo mafioso, che si occupano di riciclaggio, nascono dalle indagini sulla pubblica amministrazione. E non è certo un caso che vengano sciolti comuni, città capoluoghi di provincia. In provincia di Napoli c’è una città di oltre 60mila abitanti i cui organi elettivi sono stati sciolti quattro volte in trent’anni”.
”E’ del tutto evidente che non stiamo parlando di un uso incontrollato. Io sto anche provando a sostenere che alcune funzioni del trojan – ha aggiunto – devono essere richiamate nell’alveo della disciplina delle intercettazioni e lì ricevere la disciplina più rigorosa della destinazione, di tutto ciò che è irrilevante e inutilizzabile, verso l’archivio”.
L’audizione di Cantone
Audito in commissione Giustizia del Senato anche il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. “Soprattutto in materia di corruzione le intercettazioni sono l’unico strumento per penetrare nel rapporto omertoso che c’è tra corrotto e corruttore – ha spiegato – E senza intercettazioni è difficile anche aggredire la criminalità comune”.
L’alert del Garante Privacy
Nei giorni scorsi anche il Garante Privacy è stato audito in Senato sul tema delle intercettazioni. Secondo Pasquale Stanzione “sarebbe opportuno vietare il ricorso a captatori idonei a modificare il contenuto del dispositivo ospite e cancellare le tracce delle operazioni svolte”.
“Il ricorso a sistemi – app o comunque software che non siano inoculati direttamente sul dispositivo-ospite, ma scaricati da piattaforme liberamente accessibili a tutti e, per altro verso, archiviazione mediante sistemi cloud in server posti fuori dal territorio nazionale – potrebbe, dunque, essere oggetto di un apposito divieto”.
Per quanto riguarda i trojan, “se l’autorità politica, il Parlamento, decide in tal senso, questi strumenti vanno utilizzati ma stando sempre attenti alle modalità di utilizzo. I trojan devono riguardare sempre e soltanto il destinatario dell’autorizzazione giudiziaria e non interferire su piattaforme accessibili a tutti come le app spie, questo non va proprio bene”.