IL PROGETTO

Internet dal cielo, Facebook ci prova con i droni

Dopo i palloni aerostatici di Google l’azienda del social lancia il progetto Aquila per connettere Paesi in via di sviluppo. Ma gli analisti sono scettici: “Mancano modelli di business e un quadro regolatorio”

Pubblicato il 06 Ago 2015

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Con il suo drone solare Aquila capace di portare la connessione Internet in qualunque angolo del mondo librandosi a migliaia di piedi nel cielo Facebook si unisce alla corsa delle web companies, aperta da Google con i palloni aerostatici (che sta sperimentando in Sri Lanka), per sviluppare tecnologie alternative alle torri mobili e ai cavi in fibra ottica per collegare alla rete chi ancora non ha accesso perché vive in zone remote e impervie.

Il progetto Internet.org di Facebook è stato ideato proprio per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad andare online. Frutto di tale progetto, il drone Aquila è il primo velivolo comandato dal remoto costruito dal social network – che ha già 1,4 miliardi di utenti ma è desideroso di conquistarne molti di più – che porta la connettività dal cielo e si alimenta con energia solare. I segnali vengono mandati verso piccole parabole al suolo che poi li convertono in segnali wi-fi o Lte cui i device mobili si possono connettere.

Aquila, che ha un’apertura alare di 40 metri, è progettato per restare in aria fino a 90 giorni e librarsi a un’altitudine compresa tra 60.000 e 90.000 piedi. Facebook ha già testato un drone su scala inferiore in Uk e testerà il modello a grandezza completa nel corso dell’anno prima di provvedere al lancio: Aquila deve infatti ancora superare le prove in alta atmosfera.

“Il progetto ha aspetti positivi e negativi”, commenta Wally Swain, Research Senior VP di 451 Research. “La parte positiva è che le zone scarsamente popolate o molto lontane dalle grandi città – e da fonti affidabili di energia elettrica – traggono beneficio da soluzioni come questa che portano Internet dal cielo. Finora si sono usati i satelliti, ma comportano diversi problemi, tra cui la scarsa ampiezza di banda e le difficoltà in caso di maltempo. Tuttavia l’aspetto che non convince, almeno in questa fase, è quello dei modelli di business e degli aspetti regolatori, per esempio quali frequenze sarebbero usate o quali permessi ci sono per far volare, operare e rifornire i droni in queste aree”.

A ciò si aggiunge un elemento di forte delusione: le soluzioni “dal cielo” tentate finora non hanno affatto aiutato a connettere a Internet i Paesi poveri, nota Swain. “Iridium, LEO, zeppelin di Microsoft, i palloni di Google: ne abbiamo viste tante e nessuna ha prodotto un impatto visibile sulla penetrazione della banda larga nelle comunità rurali dei Paesi in via di sviluppo”, nota l’analista. “Ci auguriamo che Facebook abbia più fortuna in questa ‘lotta coi mulini a vento’ della banda larga rurale, ma dimostrare che si possa mandare un segnale radio da un drone che gira sopra gli headquarters californiani di Menlo Park è ben diverso dal fornire un servizio affidabile di banda larga a un villaggio remoto della giungla dell’Amazzonia”.

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