INTERNET & FISCO

Internet e fisco, Tajani: “Web tax a copertura di Brexit”

Internet e fisco, la provocazione del presidente dell’Europarlamento: “Mettiamo le mani nelle tasche di chi non paga invece che in quelle dei cittadini che pagano”. Con lo stop ai paradisi fiscali un extra-gettito a favore del bilancio Ue

Pubblicato il 17 Nov 2017

tajani

Un nuovo regime fiscale per i giganti del web a copertura del “buco” dovuto a Brexit nel bilancio Ue 2020-2027. Lancia la proposta il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani a margine dell’European Social Summit di Goteborg. La “manovra” avrebbe il vantaggio di esentare i Paesi dell’Unione dal versamento di nuovi fondi.

“Secondo uno studio – ha ricordato Taiani – fra il 2012 e il 2016 i giganti del web hanno di fatto eluso 69 miliardi di tasse in Europa. Se si considera il periodo di 7 anni del bilancio Ue, fanno circa 120 miliardi di euro che si potrebbero spendere per la lotta al terrorismo, all’immigrazione clandestina, in Africa, nel rafforzamento del digitale”.

Tajani si è detto a favore dell’armonizzazione fiscale: “Basta con i paradisi fiscali ha detto -: andiamo a colpire tutte quelle transazioni speculative poco trasparenti che a volte significano anche riciclaggio. Bisogna aprire un dibattito e lo faccio con una provocazione: perché non raddoppiamo il bilancio Ue senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini ma in quelle di chi non paga?”.

Secondo lo studio Software & Web Companies realizzato da R&S Mediobanca nel periodo 2012- 2016, i giganti del software e del web hanno eluso 46 miliardi di euro, che diventano 69 se si aggiunge Apple che genera la maggior parte del fatturato nell’hardware. Elusi 11,5 miliardi nel solo 2016.  Per realizzare l’analisi sono stati presi in considerazione i bilanci di 21 delle principali multinazionali del web rilevando che, lo scorso anno, quasi i due terzi dell’utile ante imposte è tassato in Paesi dove la pressione fiscale è inferiore rispetto al Paese in cui i gruppi hanno sede.

Per Microsoft il beneficio fiscale 2016 è stato di 3,6 miliardi di euro, pari al 4,5% del fatturato, per Alphabet di 2,5 miliardi (2,9%) e per Facebook di 1,5 miliardi. Il tax rate effettivo medio si e’ attestato al 20,3%, in linea con quello delle multinazionali americane di altri settori industriali (20,4%) ma inferiore a quello dei grandi agglomerati cinesi (23,1%) e europei (24,6%).

Il beneficio fiscale viene raggiunto grazie agli utili tassati in Paesi extra Usa (dove il tax rate è al 35%) con minimi toccati da Facebook e Alphabet: il gruppo di Mark Zuckerberg, in base all’indagine, ha avuto un’aliquota fiscale media dell’1% nei Paesi extra Ue dove ha operato, il gruppo Google del 4%. L’indagine cumulata esclude invece Apple che non è considerata una web company: l’azienda di Cupertino ha comunque risparmiato circa 23 miliardi di euro a livello fiscale nel periodo 2012-16 e 5,3 miliardi di euro nel solo 2016.

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