Un marchio può essere registrato come nome di dominio ".eu" solo se la società che lo possiede ha sede in un Paese della Ue: è la conclusione, non vincolante, dell’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito di un’azione legale avviata da una società belga contro una società americana.
La società americana, la Walsh Optical, produttrice di occhiali e lenti a contatto e presente sul mercato attraverso il sito Internet "www.lensworld.com", ha ottenuto la tutela della parola ‘Lensworld’ come marchio del Benelux (che nel frattempo è stato cancellato) nel 2005 ed ha registrato il nome di dominio "lensworld.eu" nel luglio 2006 attraverso il Bureau Gevers, una società belga di consulenza. All’inizio del 2006 anche la Pie Optiek, una società belga attiva nello stesso settore – attraverso il sito "www.lensworld.be" – ha chiesto la registrazione del nome di dominio "lensworld.eu", ma senza successo.
La Pie Optiek sostiene che il Bureau Gevers avrebbe agito in modo "speculatorio e abusivo" e la Corte d’Appello di Bruxelles ha chiesto chiarimenti alla Corte di giustizia Ue sulla nozione di "licenziatario legittimato alla presentazione della domanda di registrazione" di un nome di dominio. Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale sostiene la tesi secondo cui "l’accordo stipulato dalla Walsh Opticals e dal Bureau Gevers, pur essendo designato come accordo di licenza, non costituisce un contratto di licenza, bensì un contratto di prestazione di servizi".
L’avvocato generale sottolinea poi la decisione di principio adottata dal legislatore dell’Unione, secondo cui possono richiedere la registrazione di un nome di dominio ‘"eu" soltanto imprese e organizzazioni che abbiano sede nella Ue. "Dal momento che l’accordo concluso dalla Walsh Opticals e dal Bureau Gevers sarebbe qualificabile dal punto di vista giuridico non come contratto di licenza, bensì come contratto di prestazione di servizi, e che dunque il Bureau Gevers non era legittimato alla presentazione della domanda", conclude la Corte in un comunicato, l’EURid dovrebbe "di propria iniziativa procedere alla revoca del nome di dominio "lensworld.eu" assegnato al Bureau Gevers".
Con un’altra sentenza la Corte ha inoltre stabilito che i linguaggi di programmazione, le Api (Application Programming Interfaces), ed altri aspetti legati allo sviluppo di software (nomi delle funzioni o le istruzioni), non possono essere protette dal diritto d’autore. Il tribunale si è pronunciato sulla denuncia fatta da Sas alla World Programming Limited (Wpl), “accusata” di aver violato il copyright di alcuni suoi prodotti.
Si tratta nello specifico di software per l’analisi dei dati che Sas fornisce agli utenti che operano nel settore statistico di cui Wpl ha ripreso alcuni elementi, senza però accedere al codice sorgente. Agli sviluppatori è stato dunque sufficiente sfogliare il manuale di Sas e acquistare una licenza d’uso per poi realizzare un prodotto simile a quello sviluppato da Sas. Per questo motivo il colosso dei software ha denunciato la Wpl.
I giudici europei hanno però sentenziato che “ chi acquista una licenza software ha il diritto di osservarlo, studiarlo e testarne le funzionalità per determinare quali siano i principi di funzionamento di ogni elemento del programma”. La Corte ha inoltre puntualizzato che “per gli sviluppatori imporre licenze che ostacolino tale diritto”
Secondo i giudici dunque le caratteristiche funzionali di un software, non sono in alcun modo brevettabili oppure eleggibili per ricevere la protezione garantita dal diritto d’autore.