GOVERNANCE

Internet, NETMundial: governo italiano solo a ranghi ridotti

Confermata in corner la presenza dell’Italia istituzionale al vertice sulla governance di Internet: al tavolo siederà solo un rappresentante del Mise contro le super-pattuglie inviate da Francia, Germania e Uk. E nessun documento preparatorio da parte del nostro Paese. Presenti Etno e Telecom Italia

Pubblicato il 22 Apr 2014

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Sembra sia stata confermata solo all’ultimo momento la presenza dell’Italia al NETMundial, il vertice internazionale sul futuro dell’Internet Governance che aprirà domani i battenti a San Paolo, in Brasile. Mentre, ancora una volta, gli stati Ue si presenteranno all’appuntamento a ranghi sciolti, nonostante la Commissione europea avesse tentato nelle settimane scorse di promuovere una posizione comune.

Giovedì scorso un portavoce del summit aveva riferito al Corriere Comunicazioni che il governo del Belpaese non aveva ancora ufficializzato la propria partecipazione, ed in effetti l’Italia continua a non figurare nella lista dei partecipanti (sul versante non governativo, ci saranno comunque rappresentanti dell’Internet Society Italia e di Telecom Italia, tra cui il chairman di Etno Luigi Gambardella). Si tratta di un’anomalia se si pensa che i principali paesi europei hanno aderito con proprie delegazioni da settimane, se non mesi. Fonti diplomatiche hanno infine fatto sapere che le autorità italiane invieranno a San Paolo un unico rappresentante, provenente dai ranghi del Ministero dello Sviluppo Economico/Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione (ISCOM)” . Anche qui salta all’occhio il contrasto con le cospicue pattuglie formate da Francia, Regno Unito e Germania. Contrariamente a queste ultime, l’Italia non è inoltre tra gli stati che hanno presentato un proprio documento in vista del meeting.

“Sono pervenuti 188 contributi che sono stati analizzati da un apposito comitato ed usati per proporre una bozza di documento da discutere nel meeting per una adozione finale concordata”, spiega il presidente dell’Internet Society Italia e delegato italiano dell’Icann Stefano Trumpy. “I contributi governativi sono stati una ventina e non comprendono l’Italia per una persistente mancanza di una cabina di regia sui temi della digital agenda”.

NETmundial è stato promosso congiuntamente dal governo brasiliano e dallo stesso Icann, l’ente non profit responsabile per l’assegnazione degli indirizzi IP e la gestione del traffico su Internet. Da un lato, Brasilia è impaziente di gettare le basi per una ridefinizione della cabina di controllo della rete, le cui principali funzioni sono attualmente spalmate su una pluralità di organismi privati ma sotto la parziale supervisione degli Stati Uniti.

Il Brasile chiede da anni di conferire a questo assetto un respiro più internazionale, caldeggiando un maggiore coinvolgimento dei governi – che nei fatti non hanno voce in capitolo sulle funzioni di gestione –, e in particolare dei paesi emergenti. Una posizione che si è inasprita a valle del Datagate, e fa il paio con il desiderio condiviso anche dall’Europa di realizzare infrastrutture che bypassino o riducano ai minimi termini il transito delle comunicazioni dagli Stati Uniti. Il presidente brasiliano Dilma Roussef, annunciando in settembre il summit, aveva messo in chiaro l’obiettivo di pervenire ad “un quadro per la gestione e l’uso di Internet per assicurare l’effettiva protezione dei dati che viaggiano attraverso il web. Sfruttare appieno il potenziale di Internet richiede, dunque, una regolamentazione responsabile, che garantisca allo stesso tempo la libertà di espressione, sicurezza e rispetto dei diritti umani”.

Al contempo l’Icann guarda alla comunità internazionale per l’elaborazione di una proposta consensuale sulla nuova struttura che ne controllerà in futuro il funzionamento, dopo l’annuncio da parte del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (NTIA) di voler spogliarsi di questo ruolo a settembre 2015. Accelerata anch’essa dal ciclone Snowden, la decisione dell’amministrazione americana è però ben lungi dall’essere una cambiale in bianco.

“Non si accetterà una proposta che sostituisce il ruolo di NTIA con soluzioni intergovernative o a guida governativa”, aveva chiarito a suo tempo Washington, pur facendo presente che l’Icann ha già da tempo intrapreso un percorso di emancipazione nelle relazioni con il governo Usa e così d’internazionalizzazione delle proprie attività. Ecco perché NETmundial potrebbe scoprire una volta di più profonde divergenze tra gli 80 stati partecipanti, replicando la frattura tra paesi occidentali ed economie emergenti apertasi lo scorso anno al termine della Conferenza Internazionale sulle Telecomunicazioni tenuta dall’Onu a Dubai. Come ripetutamente denunciato da alcuni paesi, Cina, Russia e una nutrita cordata di paesi non occidentali coltiverebbero la segreta ambizione di cavalcare il vento di rinnovamento che soffia sulla governance della rete per attribuirsi più poteri e legittimità internazionali nel controllare, e sovente censurare, il traffico internet all’interno dei propri confini.

Resta vero che il summit di San Paolo potrebbe segnare uno spartiacque storico. “Il meeting NETmundial – conferma Trumpy – rappresenta una opportunità per i leader dei governi ed i rappresentanti del settore privato e della società civile al fine di discutere proposte di un nuovo approccio nella Internet Governance favorevole allo sviluppo; lo scopo sarà quindi di trovare il consenso sui principi generali della governance accettati globalmente e di rafforzare il quadro istituzionale”. Insomma, “potrebbe essere una occasione per fare consolidare delle ipotesi operative da riportare in altri consessi internazionali quali gli Internet Governance Forum organizzati con il supporto delle nazioni Unite”.

Secondo Lugi Gambardella (anche Etno, l’organismo dei principali operatori europei, ha presentato un proprio documento ai lavori), “è venuto il momento di mantenere la promessa di un’internet governance più aperta. I principali operatori europei sono pronti a contribuire a questo processo. Costruire un internet migliore dipende dalla nostra abilità ad investire ed innovare nelle reti più avanzate. Per questo crediamo che Internet debba essere economicamente più sostenibile, interconnesso, affidabile, resiliente e sicuro”.

Intanto si registra l’ennesimo flop dell’Ue. In febbraio, il commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes aveva presentato una corposa comunicazione politica nella quale si auspicava che gli stati membri sbarcassero a San Paolo con una posizione unitaria. La reazione dei 27 è stata alla meglio algida. Secondo indiscrezioni non confermate, il 16 aprile il Consiglio si sarebbe limitato a votare uno stringato documento comune, “non vincolante”, in cui si chiede agli stati membri di difendere in Brasile alcuni principi molto vaghi e generali.

Pesano, probabilmente, i disallineamenti tra Germania e Regno Unito. La prima, più sensibile alla questione della protezione dei dati, si prepara a dare man forte allo “spirito riformatore” del Brasile, nell’auspicio di assumere un ruolo di primo piano nelle trattative. Il Regno Unito, per sua parte, appare più in sintonia con posizione statunitense, preoccupata che il pur necessario conato di rinnovamento possa spalancare le porte a quella che gli analisti chiamano la “balcanizzazione” della rete. La fine, cioè, della sua natura tradizionalmente aperta e globale, a vantaggio di una struttura frammentata su base nazionale o per aree regionali.

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