Sono 93 milioni le connessioni IoT attive in Italia, di cui 34 milioni di connessioni cellulari (+10%) e 59 milioni abilitate da altre tecnologie (+15%). Tra queste, emergono le reti Low power wide area (Lpwa), che raggiungono per la prima volta un milione di connessioni (+100%). Una forte spinta arriva anche dalla componente dei servizi collegati agli oggetti connessi, con un valore di 2,4 miliardi di euro e una crescita del 4%, in controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato.
E’ la fotografia scattata dall’Osservatorio Internet of things della School of management del Politecnico di Milano, presentata oggi durante il convegno online “L’Internet of things alla prova dei fatti: il valore c’è, e si vede!”, secondo cui l’emergenza Covid19 ferma la crescita dell’Internet of things, che negli ultimi anni era stata molto rapida (+24% nel 2019, +35% nel 2018), ma il mercato italiano regge l’urto della pandemia, segnando soltanto una flessione del 3%, in linea con l’andamento registrato nei principali paesi occidentali (che oscilla fra il -5% e il +8%), e attestandosi su un valore di 6 miliardi di euro. La spesa si divide equamente fra le applicazioni che sfruttano la “tradizionale” connettività cellulare (3 miliardi, -6%) e quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (3 miliardi, stabili rispetto al 2019).
Primo comparto del mercato: connessioni smart nelle utility
Il primo segmento del mercato IoT è costituito dallo Smart metering & Smart asset management nelle utility, con un valore di 1,5 miliardi (-13%) che rappresenta il 25% del totale, spinto ancora dagli obblighi normativi. Nel 2020 sono stati installati altri 2,7 milioni di contatori gas connessi presso utenze domestiche, portando la diffusione al 69% del parco complessivo, e ben 4,8 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 50% del totale dei contatori elettrici. Seguono la Smart car, con un fatturato di 1,18 miliardi di euro (-2%), pari al 20% del mercato, e 17,3 milioni di veicoli connessi (il 45% del parco circolante in Italia), e lo Smart building, che vale 685 milioni di euro (+2%) ed è legato prevalentemente alla videosorveglianza e alla gestione dei consumi energetici all’interno dell’edificio.
Dall’agricoltura la crescita più significativa
Il comparto con la crescita più significativa è la Smart agricolture (140 milioni di euro, +17%), trainata da soluzioni per il monitoraggio e il controllo di mezzi e attrezzature agricole, macchinari connessi e robot per le attività in campo. Crescono anche le soluzioni smart per la fabbrica (385 milioni di euro, +10%), la Smart logistics (610 milioni di euro, +4%), con soluzioni usate per la gestione delle flotte aziendali e di antifurti satellitari e ben 1,9 milioni di mezzi per il trasporto merci connessi tramite sim, e la Smart city (560 milioni di euro, +8%), che vede un aumento del numero dei progetti avviati dai comuni e i primi esempi di successo di collaborazioni fra pubblico e privato. In calo, invece, la Smart Home (505 milioni di euro, -5%) e l’ambito Smart asset management in contesti diversi dalle utility (330 milioni di euro, -20%), legato principalmente al monitoraggio di gambling machine utilizzate per il gioco d’azzardo (740.000), ascensori (580.000) e distributori automatici (130.000).
Un ruolo chiave nella trasformazione digitale del Paese
“L’emergenza non ha permesso di replicare nel 2020 l’elevato ritmo di crescita tenuto dal mercato IoT negli ultimi anni – afferma Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of things -. Ma, pur in leggera flessione, il mercato è comunque in salute e presenta una buona dinamicità, con tanti ambiti che sono cresciuti rispetto al 2019, come Smart agricolture, Smart factory, Smart logistics e Smart city. Sono in costante aumento le connessioni IoT che abilitano l’evoluzione tecnologica, dalle nuove piattaforme all’edge computing, e la spinta dei servizi abilitati dagli oggetti smart apre nuovi modelli di business e opportunità sia dal punto di vista consumer che delle imprese e delle Pa”.
“Il 2020 è stato un anno importante per l’Internet of things in Italia – afferma Angela Tumino, direttore dell’Osservatorio Internet of things -: la crescita della cultura digitale delle imprese ha favorito lo sviluppo di una maggiore consapevolezza dei costi e dei benefici abilitati dalle tecnologie IoT per cittadini, aziende e Pa, sia in termini economici che ambientali e di riduzione del rischio. Questi benefici evidenziano come l’IoT possa avere un ruolo chiave nella trasformazione digitale del paese”.
L’Industrial IoT: ormai un must per i “Big”
Prosegue la crescita dell’Industrial IoT e si riduce il divario fra grandi aziende e Pmi in termini di consapevolezza e propensione a innovare in ottica 4.0. Come emerge da un sondaggio condotto dall’Osservatorio su un campione di 102 grandi aziende e 295 Pmi italiane, il 94% delle grandi aziende conosce le soluzioni IoT per l’industria 4.0 e il 68% ha avviato almeno un progetto, mentre fra le Pmi solo il 41% ne ha sentito parlare e appena il 29% ha attivato iniziative. Tuttavia, nel 2020 il gap è diminuito del 5% in termini di conoscenza e del 6% per quanto riguarda la presenza di progetti. Le applicazioni più diffuse sono legate alla gestione della fabbrica (Smart factory, 66% dei casi), soprattutto per il controllo in tempo reale della produzione e dei consumi energetici, poi quelle di supporto alla logistica (Smart logistics 27%), guidate dalla tracciabilità dei beni nel magazzino o lungo la filiera, e lo Smart lifecycle (7%), con progetti per migliorare lo sviluppo di nuovi modelli e l’aggiornamento dei prodotti.
“L’emergenza ha portato incertezza fra le imprese ma non ha arrestato la crescita dell’Industria IoT – afferma Giovanni Miragliotta, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of things -. Il mercato si sta progressivamente spostando dalla vendita del solo hardware alla vendita di servizi aggiuntivi, con tre aziende su quattro che hanno avviato progetti di questo tipo, fra cui spiccano i servizi di tipo informativo (84%, come le notifiche push in caso di evento avverso), e quelli per l’energy management (45%). La possibilità di attivare questi servizi passa dalla capacità di analizzare, gestire e valorizzare i dati raccolti da impianti e macchinari connessi, che però è ancora scarsa sia nelle grandi aziende (solo il 38% usa i dati) sia nelle Pmi (39%), a causa di scarse competenze e risorse finanziarie e della difficoltà di integrazione tecnologica”.
La Smart City: mancanza di competenze la principale barriera
La pandemia ha acceso l’interesse per la Smart city, ma ha anche portato incertezze sugli investimenti, rallentando in qualche caso l’avvio di progetti. Nel 2020 l’89% dei comuni italiani con più di 15mila abitanti considera la Smart city un tema rilevante (+9%) e per il 47% l’emergenza lo ha reso ancora più prioritario. La situazione sanitaria ha stimolato l’avvio di nuovi progetti che non erano stati pianificati in precedenza (16%), dall’altro lato, però, ha generato incertezza nelle decisioni da prendere (37%), con il 4% dei comuni che ha rallentato i progetti già programmati. Il 59% dei comuni ha attivato almeno un’iniziativa di Smart city nel triennio 2018-2020, contro il 42% del periodo 2017-2019, ma il 46% dei progetti analizzati è ancora in fase pilota (+15%).
La principale barriera all’avvio di progetti di Smart city è ancora la mancanza di competenze (+7% sul 2019), seguita dalle scarse risorse finanziarie (+8%), che si riflette nella capacità di usare i dati: il 65% dei comuni ha iniziato a raccoglierli ma solo nel 14% dei casi condividendoli con altre società pubbliche o private, un terzo non li usa e il 29% non ha intenzione di farlo nemmeno in futuro.
“Per trasformare le città italiane in Smart city è necessaria una più stretta collaborazione fra pubblico e privato – commenta Giulio Salvadori -: la creazione di un ecosistema con più attori pronti a scambiarsi dati, asset e competenze è una delle principali leve da sfruttare in futuro. Per analizzare in profondità i progetti e i trend emergenti in ambito Smart city, studiare le best practice e proporre nuove soluzioni per la trasformazione digitale e sostenibile delle città italiane, gli Osservatori Internet of things, 5G & Beyond e Agenda digitale lanceranno un tavolo di lavoro dedicato nel corso del 2021”.
Evoluzione guidata dalle tecnologie Lpwa
Quanto, infine, alle tecnologie Low power wide area (Lpwa), queste guidano l’evoluzione tecnologica del mondo IoT. “Queste tecnologie in banda non-licenziata sono sempre più adottate per lo sviluppo di soluzioni IoT, in virtù di una maturità tecnologica che si sta consolidando e che è oggi riconosciuta anche dagli enti regolatori a livello nazionale”, spiega Antonio Capone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of things.
SigFox nel corso del 2020 ha aumentato il numero di operatori e dispositivi compatibili, portandoli rispettivamente a 52 (fra operatori regionali e nazionali) e 899, per un totale di 79 reti e 315 produttori di dispositivi coinvolti, mentre LoRaWan raggiunge i 148 operatori di rete, per una copertura complessiva di 162 nazioni. Proseguono anche i lavori di definizione delle specifiche tecniche del 5G ad opera del 3rd Generation partenership project (3Gpp), il consorzio che cura la standardizzazione delle tecnologie cellulari, in particolare per quanto riguarda l’introduzione del supporto alle applicazioni safety critical e industriali. Occorrerà aspettare almeno un anno dal rilascio delle specifiche tecniche, inizialmente previste a giugno 2020 e posticipate al 2021, prima di assistere al lancio di prodotti commerciali, con qualche differenza temporale fra i singoli paesi.