Il futuro di Internet potrebbe essere…sott’acqua. Grazie ad un progetto internazionale chiamato Sunrise, presto il mare, i laghi e i fiumi diventeranno immense autostrade digitali sulle quali si muoveranno ed opereranno sensori, robot, droni e veicoli autonomi di ultima generazione in grado di svolgere compiti pericolosi o estremi per l’uomo, dal monitoraggio ambientale (vulcani sottomarini, faglie nella crosta terrestre, individuazione di siti adatti all’acquacoltura) allo sminamento, dalla salvaguardia di siti archeologici alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, fino alla localizzazione di carichi o persone disperse.
Sunrise è un progetto inserito nel VII programma quadro della Ue con un capofila tutto italiano, l’Università La Sapienza di Roma, che sta sviluppando in questi mesi l’intera parte software del progetto, quella, cioè, che consentirà il ‘dialogo’ tra i vari dispositivi tecnologici che andranno sott’acqua e dovranno essere messi in grado di gestirsi da soli, fronteggiare le emergenze e ‘riferire’ alle control room dei vari Paesi collegati quello che sta accadendo nelle profondità marine. Sono previste anche applicazioni di cybersecurity (ad esempio per l’encryption dei dati) che sotto il mare non sono meno importanti che sulla terra.
L’Internet of Things si trasforma così nell’Internet of Underwater Things.
Ovviamente tutti abbiamo acquisito familiarità con l’Internet delle cose: smartphone, tablet, laptop, sensori e altri dispositivi che ci circondano e possono essere interconnessi da tecnologia wireless. Ma portare questo concetto sott’acqua, per operare in un mondo ancora largamente sconosciuto, è una sfida complessa. Occorre innanzitutto scrivere protocolli di comunicazione completamente nuovi, perché nuovo è l’ambiente di propagazione: l’acqua marina (o dolce) e non più l’aria.
Le tecnologie di comunicazione che siamo abituati a dare per scontate, ad esempio, non possono essere direttamente trasferite in mare. Lì non si possono utilizzare le comunicazioni radio, che funzionerebbero solo ‘short range’, cioè entro pochi metri.
Per gli scienziati una soluzione efficace può essere “copiare la natura”, adottare cioè la modalità di comunicazione utilizzate dagli animali che vivono in quell’ambiente (balene, delfini ecc.), ovvero le comunicazioni acustiche (stando attenti a non usare frequenze che li disturbino). Gli sviluppatori di Sunrise lavorano proprio su questo tipo di tecnologia e i loro speciali modem acustici, già testati sul campo, potranno essere messi in commercio entro 2 o 3 anni.
Il progetto ha da poco imboccato un altro percorso molto interessante, quello delle comunicazioni ottiche, grazie all’ingresso di un nuovi partner specializzati: Isme e Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa. L’ottica è già largamente utilizzata per raggiungere elevate velocità nella dorsale di Internet (terrestre), ora verrà testata anche in mare.
I principali players di Sunrise sono il Nato Sto Centre for Maritime Research and Experimentation di La Spezia, Evologics, una ditta europea che realizza modem acustici, le Università olandese e portoghese di Twente e Porto, Suasis, un’azienda turca, e Nexse, società italiana di system integration, oltre ad un partner americano che è l’Università di Suny Buffalo, New York. E altri compagni di viaggio sono saliti o stanno per salire a bordo del consorzio grazie al sistema delle ‘open calls’, che mettono a disposizione svariate centinaia di migliaia di euro di finanziamenti. Nell’ultima tornata, per esempio, oltre a Isme e Sssup Sant’Anna, sono entrati Gridnet, una Sme greca, e Marine Southeast e Università di Southampton, rispettivamente azienda ed università inglese; la prossima call scadrà il 31 luglio (http://fp7-sunrise.eu/index.php/open-calls2).