“Economie in cerca di città” è il titolo di un bel libro, scritto da Antonio Calafati e pubblicato dalla casa editrice Donzelli nel 2010. Un titolo sintetico per descrivere un fenomeno che sempre più caratterizzava e caratterizza il mondo dell’economia: quello di imprese che ‘scelgono’ dove atterrare. E cioè dove localizzare stabilimenti, centri di ricerca, quartieri generali.
Ed è effettivamente così. Città e regioni sono immerse in una ‘global race’ per attrarre investimenti, una competizione affollata, combattuta a colpi di marketing, incentivi, relazioni pubbliche. E l’esempio più emblematico lo ha dato solo due anni fa, Amazon, che per localizzare il suo secondo quartier generale ha avviato una gara cui hanno partecipato 700 città, ognuna con la sua candidatura e le ragioni per essere scelta.
Il confronto tra territori è quindi all’ordine del giorno e quello su cui si misurano regioni e città è chiaro: dalla qualità di infrastrutture e Pubblica amministrazione alla dotazione di Università e centri di ricerca, dal sistema fiscale e di incentivo agli investimenti sino a profili apparentemente ‘leggeri’ quali l’ambiente’ creativo – sempre più essenziale per avere personale di qualità – o alla dotazione di scuole di livello per i figli dei manager internazionali.
Questa consapevolezza ha portato negli ultimi anni le amministrazioni territoriali più moderne a dotarsi di uffici responsabili di fare una cosa semplice: individuare con gli strumenti della policy e del marketing investimenti di interesse e dirigerli verso il loro territorio. Uffici che molto spesso sono ‘vicini’ al potere politico, a segnalare la dimensione strategica, l’intima politicità, appunto, dell’attrazione di investimenti.
Da oggi – con un’iniziativa congiunta dell’Assessorato allo sviluppo economico e di quello al Lavoro – anche il Lazio ha questo ufficio. Invest in Lazio nei prossimi anni lavorerà per attrarre sul nostro territorio investimenti di qualità: facendo conoscere le ragioni per investire nel Lazio, assistendo le imprese nei loro rapporti con i comuni, costruendo per loro sistemi di autorizzazione semplici. E tutto il resto, dal marketing in giù. Ma non è solo questa la funzione del nuovo organismo. Insieme a questa dimensione ‘offensiva’, ce n’è anche una ‘difensiva’: monitorare le crisi di impresa sul territorio ed anticiparle, se possibile. Sì, perché il nesso tra crisi ed attrazione degli investimenti è molto stretto, come dimostrano soluzioni spesso legate all’arrivo di un investitore esterno, basti pensare alle crisi Ideal Standard e Marazzi, nel Frusinate, risolte con l’intervento della Saxa Grestone.
E’ solo l’ultimo pezzo di una strategia che punta a migliorare l’attrattività del nostro territorio. Invest in Lazio va, infatti, letto insieme ad altri strumenti come il Consiglio delle imprese internazionali, il Consorzio unico industriale, le possibilità di finanziamento date da un utilizzo attento di Accordi di innovazione e Contratti di sviluppo. Una strategia che non è ‘campata in aria’, ma poggia su alcuni punti fermi come la centralità logistica del Lazio, la qualità del capitale umano delle nostre Università, la disponibilità di spazi per insediamenti industriali, una radicata rete di investimenti esteri già presenti. Quelli, per intenderci, che hanno portato l’IBM a scegliere Rieti per localizzare uno dei suoi 17 centri di ricerca europei, che hanno spinto la Bridgestone a continuare ad investire a Castel Romano sulla sensoristica applicata ai pneumatici e
che, anche grazie ad Accordi di innovazione e ai Contratti di sviluppo, stanno portando molte imprese a scegliere il Lazio per investimenti in settori ad elevata tecnologia.
Certo le situazioni problematiche ci sono e il cammino per arrivare a ‘mettere sulla mappa’ del mondo la nostra regione quale destinazione di investimenti al pari delle migliori è ancora lungo. Ma dobbiamo essere consapevoli che in questa competizione abbiamo elementi di forza sui quali lavorare. E, da oggi, anche un’amministrazione con qualche arma in più.