Migliora nel 2018 l’accesso a Internet delle famiglie italiane anche se il 25% ne resta comunque escluso. Una percentuale che colloca l’Italia ben al di sotto della media Ue. Lo afferma l’Istat nel rapporto su “Cittadini, imprese e Ict”.
Rispetto al 2017, infatti, è aumentata dal 71,7% al 75,1% la quota di quanti dispongono un accesso a Internet da casa. Di conseguenza le famiglie con una connessione a banda larga passano dal 70,2% al 73,7 per cento. La connessione fissa (Dsl, Adsl) rimane la modalità di accesso più diffusa, anche se rispetto al 2017 incrementi significativi si registrano per entrambe le tecnologie fisse (+3,5 punti percentuali) e mobili (+3 punti percentuali).
Il tasso medio di diffusione della banda larga tra le famiglie residenti con almeno un componente di 16-74 anni, nei Paesi europei è dell’86%; l’Italia, con un tasso dell’83%, presenta un gap di tre punti percentuali, anche se rispetto al 2017 tale divario si è dimezzato (85% della Ue28 contro il 79% in Italia). Restano inoltre differenze ancora notevoli tra le regioni e si conferma il vantaggio del Centro e soprattutto del Nord Italia.
In particolare, il Trentino Alto Adige e la Lombardia sono le Regioni con la percentuale più alta di famiglie dotate di connessione con banda larga; all’opposto il Molise, la Calabria e la Sicilia. Rispetto al 2017 la Sardegna, la Toscana e il Friuli Venezia Giulia hanno ridotto il gap invertendo il segno; la Val d’Aosta, pur rimanendo sotto la media Italia, ha fatto registrare un incremento di ben 7,1 punti percentuali riducendo le distanze. Le altre regioni che si collocavano sotto la media rimangono stabili o peggiorano la loro situazione, come la Sicilia e la Campania.
Tra le famiglie resta un forte divario digitale da ricondurre soprattutto a fattori generazionali e culturali. Le più connesse sono quelle in cui è presente almeno un minore, con il 94,4% di collegamento a banda larga; le meno connesse sono le famiglie composte soltanto da ultrasessantacinquenni, fra queste una su tre (31,4%) dispone di una connessione a banda larga. Un altro fattore discriminante, sottolinea l’Istat, è il titolo di studio; ha una connessione a banda larga il 94,9% delle famiglie con almeno un componente laureato contro il 64% delle famiglie in cui il titolo di studio più elevato è la licenza media. Rispetto all’anno precedente il divario tra le famiglie di soli anziani così come per quelle in cui il titolo di studio più elevato è la licenza media si riduce ma non si annulla.
Per quanto riguarda i tempi di accesso a Internet, il 52% degli italiani dai 6 anni in su accede quotidianamente a Internet e i giovani tra i 15 e i 24 anni restano i più grandi utilizzatori con il 94%. Ma la diffusione comincia ad essere significativa anche tra i 65-74enni, che nell’ultimo anno passano dal 30,8% al 39,3%.
Tra le persone di 14 anni e più, sottolinea l’Istat, si utilizza soprattutto lo smartphone per l’accesso alla rete (89,2%), seguito dal Pc da tavolo (45,4%) mentre tra le persone di 16-74 anni che hanno usato Internet negli ultimi tre mesi, il 20,2% lo ha fatto per trovare un alloggio contattando direttamente un privato tramite siti web o app.
Indipendentemente dal dispositivo utilizzato le attività più diffuse sul web sono quelle legate all’utilizzo di servizi di comunicazione che consentono di entrare in contatto con più persone contemporaneamente. La quasi totalità degli internauti di 14 anni e più (89,3%) utilizza messaggeria istantanea, il 47,1% ha effettuato chiamate via internet e il 62,4% ha utilizzato un social network. A livello territoriale, l’uso del web per chiamare è maggiore al Centro e nel Mezzogiorno (oltre 48% contro 45,1% del Nord); analoga tendenza si registra per l’uso dei social network (65% contro 59,7% del Nord).
Nel 2018 crescono al 55,9% gli internauti che acquistano online (53% nel 2017). Rilevante anche la crescita di intermediari per l’eCommerce. Il 64,1% delle imprese che nel 2017 hanno venduto via web (53,8% nel 2016), ha utilizzato almeno un e-marketplace e il 50,2% (39,1% nel 2016) ha realizzato almeno la metà del fatturato via web tramite intermediari.
Sul fronte imprese, Istat rileva che poco meno di tre imprese su 10 hanno effettuato investimenti tecnologici nel biennio 2016-2017 e altrettante ne hanno fatti o intendono farne in quello successivo. Lo sviluppo delle competenze tecnologiche delle risorse umane già occupate in azienda è considerato dal 22,4% delle imprese con almeno 10 addetti uno dei tre principali fattori competitivi del biennio 2018-2019, insieme alle agevolazioni pubbliche (48,5%) e all’accesso ad infrastrutture e connessioni in banda ultralarga (30,8%).
Restano carenti le professionalità Ict nelle imprese con ampio divario tra le grandi e le piccole. Il 16,1% delle imprese con almeno 10 addetti impiega esperti Ict mentre quasi tre imprese con almeno 250 addetti ogni quattro (71,8%) hanno dichiarato di avere specialisti informatici tra il personale interno; queste ultime, tra l’altro, negli ultimi anni hanno provato sempre più a reclutarli e li hanno assunti o hanno tentato di farlo nel 35% dei casi (31% nel 2017, 29,8% nel 2016 e 26,6% nel 2015) contro il 4,3% delle imprese con 10-49 addetti (per le quali non si registrano variazioni negli ultimi tre anni). Rispetto all’anno precedente aumenta la quota di grandi imprese che dichiarano di aver avuto difficoltà a ricoprire i posti vacanti di specialisti Ict (15,7% delle imprese con almeno 250 addetti contro il 2,3% di quelle con 10-49 addetti).
L’Istat rileva anche che il 94,2% delle imprese con almeno 10 addetti si connette in banda larga mobile o fissa; aumenta in misura rilevante la quota di quelle che dichiarano velocità di connessione in download di almeno 30 Mbit/s (da 22,1% nel 2017 a 29% nel 2018). Da notare però che aumentano dal 12,9% al 16,9% le imprese che investono sulle competenze digitali provvedendo alla formazione dei propri addetti.
Nell’uso di tecnologie emergenti, le grandi imprese italiane mostrano una propensione superiore o in linea con la media europea nell’analisi di big data (il 30% contro il 25% dell’Ue28), nell’uso di stampanti 3D (13% come la quota Ue28) e della robotica (26% rispetto al 25% dell’Ue28).