Per trasformare il sistema produttivo italiano occorre spingere sul digitale. Nel report sulle prospettive dell’economia italiana presentato oggi, l’Istat indica l’aumento della propensione innovativa e digitale come fattore cruciale “per una modifica sostanziale del sentiero di crescita della produttività” di imprese e istituzioni.
Il digitale è citato come scelta necessaria, insieme a una maggiore valorizzazione del capitale umano. Due elementi su cui puntare per “accelerare la transizione del sistema produttivo italiano verso un modello di sviluppo basato sulla conoscenza”. E tentare magari di recuperare il divario con gli altri Paesi europei. Secondo i dati dell’Istituto di statistica, nel 2018 la produttività italiana salirà dello 0,6%. Una crescita dimezzata, perché pari a circa la metà dei partner europei più forti. L’aumento sarà infatti dell’1,3% per la Germania e dell’1,2% per la Francia. I dati sono in linea con le previsioni della Commissione europea. “Si conferma anche per il 2018 il permanere di un differenziale di crescita a sfavore dell’economia italiana rispetto ai principali paesi europei”, sottolinea l’Istat. Che ricorda come, negli anni successivi alla crisi, il divario di produttività tra l’Italia e il resto d’Europa si sia ulteriormente ampliato.
Per il 2018 viene confermata una previsione di crescita del Pil pari all’1,4%. Il Prodotto interno lordo italiano resta minacciato da una “più moderata evoluzione del commercio internazionale” e un aumento “più accentuato del prezzo del petrolio”. Il rallentamento del commercio mondiale è dato di 0,5 punti percentuali, associato a un prezzo del Brent stimato in salita del 10%. Elementi questi che potrebbero ridurre la crescita del nostro Paese di 0,2 punti percentuali, fermandola all’1,2%.
La crescita sarà sostenuta dalla domanda interna. I consumi delle famiglie subiranno una lieve diminuzione, che verrà però bilanciata da un aumento degli investimenti. Migliora l’occupazione, con un aumento previsto dello 0,8% in termini di unità di lavoro. La disoccupazione è prevista in progressiva, ma lenta, diminuzione fino al 10,8%. Ancora profondo il gap con il resto dell’Europa. La quota di chi cerca lavoro, sottolinea l’Istituto, “rimarrà comunque significativamente superiore a quella dell’area euro”, attestata all’8,5%.