Sono anni che si sente parlare di PA digitale e sono anni che si ha la sensazione che si utilizzi questa espressione, più o meno, per dire che si intende “tradurre” in digitale, processi e procedimenti sin qui gestiti in modo analogico. Un po’ come se si dicesse che portare il digitale nelle nostre amministrazioni è come tradurre in una determinata lingua ciò che è stato pensato e scritto in una lingua diversa, parola per parola, senza ripensarlo e senza riformulare le frasi secondo le regole, le convenzioni linguistiche ed i protocolli di comunicazione caratteristici della lingua di destinazione.
Per innescare davvero una rivoluzione digitale della nostra Pubblica amministrazione e, attraverso essa, dell’intero Paese, mettendo al centro cittadini ed imprese, serve promuovere innanzitutto un’autentica rivoluzione copernicana; non si tratta di normare l’esistente, riformare il già in atto, ma di progettare il futuro, rendere il web pubblico attraente sia per gli utenti che per chi in questo momento preferisce andare a lavorare per il privato e invece potrebbe essere una grande risorsa.
Attrarre talenti, avere una visione, due cose che vanno di pari passo, perché difficilmente chi ha i numeri e le capacità va a spendersi per progetti destinati ad essere attuati con lentezza o a restare invischiati in altre logiche, bloccati da dinamiche di potere spicciolo e di tramette di serie b.
Liberiamo il talento, diamogli uno sbocco non solo nel privato ma anche nel pubblico. Se dovessi pensare ad un’immagine per descrivere l’ecosistema digitale che ho in mente direi un grande openspace dove tante persone intorno ai tavoli sono al lavoro per fare un’Italia digitale veramente efficiente parlandone tanto ma costruendo di più. La mia visione è un sistema reattivo che sia in grado di rapportarsi efficacemente con tutte le maggiori realtà della rete, senza appoggiarsi unilateralmente al servizio più in voga del momento né scimmiottandolo, un sistema che mantenga chiare la propria identità e le proprie finalità civili, ma interagisca con tutto ciò che è rilevante.
La missione è prima di tutto accorciare il numero di clic che allontanano l’utente – che sia un cittadino o un’impresa – da quello che cerca, da ciò che gli serve, per arrivare alla cosa fatta e finita, al documento, al certificato, al pagamento. Per avere sotto controllo la sua vita o quella della sua società nei confronti degli enti pubblici. Perseguiamo sicurezza, velocità e chiarezza, proviamo a illuminare quegli angoli dei rapporti dei cittadini con lo Stato che spesso non sono chiari.
Detto il più chiaramente possibile dobbiamo creare assieme, per quanto possa costare in termini di confronto e di lavoro, un ecosistema in grado di fornire ai cittadini applicazioni che con poche mosse facciano risparmiare tempo, liberino vita, democrazia, partecipazione e risorse per far ripartire il Paese.
La stella polare di quest’operazione dovrà essere il nuovo sistema operativo dell’Italia Digitale da lì discendendo tutte le priorità del progetto Italia Login: l’accesso diffuso alla banda larga, lo sviluppo degli skills digitali nella popolazione, i progetti Open Gov e Open Data, la creazione di distretti digitali in ogni regione, la digitalizzazione delle imprese per aprire l’Italia al mondo. Chiamatelo ecosistema, chiamatelo costituente della rete pubblica italiana, di certo c’è che il cantiere è in movimento e il suo successo dipende da tutti noi. Serve portare questo messaggio tra la gente, nelle pubbliche amministrazioni, tra le imprese e l’incontro del 2 luglio in Expo, organizzato da Assinform e Confindustria Digitale, è una occasione da non mancare.