L’esigenza preliminare che si pone oggi, in Italia, per il sistema educativo è quella di colmare il ritardo rispetto alle trasformazioni sociali e del mondo del lavoro. Ritardo che in Italia non è solo quantitativo o qualitativo (ed è questa forse una delle principali caratteristiche negative specifiche del nostro sistema), ma si pone in termini di vero e proprio sfasamento: è come se sistema educativo e sistema produttivo si muovessero su due orbite distinte e distanti.
Siamo in presenza di una difficoltà del sistema educativo a corrispondere pienamente alle esigenze del paese in termini di qualità e adeguatezza della formazione, specie superiore, e ad una permanente ambivalenza del sistema produttivo (o almeno di molte sue componenti) incerto fra l’esigenza di competenze sempre più raffinate, ad esempio, nei settori dell’innovazione e della gestione dei sistemi complessi e il permanere della tentazione di gestire il personale, anche di alta qualificazione, in maniera lontana dal riconoscimento e dalla remunerazione della qualità.
La convinzione che le prospettive di crescita e di competitività del Paese (e dell’Europa intera) si giochino nel medio termine sul terreno della qualità del nostro capitale umano, in termini di conoscenze, saperi, competenze generali e specifiche, capacità di ricerca e di innovazione tecnologica, è però, ormai, difficile da contestare.
La qualità e l’efficacia del nostro sistema di education non è più uno dei tanti problemi che può essere disinvoltamente scaricato sulle future generazioni; al contrario, dalla qualità ed efficacia del sistema formativo dipenderà se le generazioni future saranno in grado di affrontare con strumenti adeguati i molti problemi che la durezza della competizione globale, prima ancora che le irresponsabili scelte delle generazioni passate, porrà loro davanti.
Il dibattito su come sarà (o come dovrebbe/potrebbe essere) domani il sistema educativo del nostro paese, non può prescindere dalla risposta alla domanda che bisogna porsi preliminarmente: a cosa deve servire? Rispondere oggi a questa domanda sulle finalità, però, può avvenire solo tenendo conto di un quadro ampio che si riassume nella esigenza, per i nostri giovani, di poter essere persone libere in un mondo globalizzato, protagonisti di una trasformazione che fa della conoscenza e della creatività il principale fattore dello sviluppo, consapevoli che la valorizzazione delle risorse umane del proprio paese è condizione primaria per un futuro positivo.
In questo contesto si inserisce l’approvazione della legge passata alle cronache come la Buona scuola, che si pone esplicitamente (ed è questo un dettaglio non formale) l’obiettivo di essere il luogo in cui sviluppare le competenze per la crescita dell’economia, dell’occupazione e della competitività.