L’Italia è sempre più digitale, ma necessita incrementare gli investimenti perché la PA possa beneficiare appieno del cambiamento. E’ chiaro il messaggio lanciato dai relatori del convegno “La funzione pubblica della digitalizzazione: scenari e prospettive”, organizzato dall’associazione Italian Digital Revolution (Aidr) presso la Biblioteca della Camera dei deputati.
“Ogni sforzo profuso nella direzione della digitalizzazione della funzione pubblica è mirato al benessere del cittadino – ha affermato il sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli –. Esistono i mezzi per interpretare al meglio l’essere pubblica amministrazione, e allora bisogna incentivarne l’utilizzo. Credo che il percorso compiuto in questo senso dal ministero della Giustizia con il processo civile telematico sia emblematico: inizialmente appariva una fatica insormontabile, tanto per le cancellerie quanto per i legali e gli utenti privati, dotarsi dei mezzi e delle competenze necessari ad affrontare l’innovazione. Con le giuste strategie e l’opportuno accompagnamento, però, alla fine ce la si è fatta. Ora credo che nessuno tornerebbe alle interminabili file degli sportelli, alla disorganizzazione dei fascicoli esclusivamente cartacei e ai problemi di archiviazione. In più si sono ottenuti progressivi effetti di decremento sulla durata dei processi”.
Partendo ad esempio anche dai risultati ottenuti grazie al forte aumento della copertura delle reti in fibra ottica e alla sempre maggiore presenza di persone online, calcolata intorno al 67%. Necessitano però maggiori competenze, visto che sono ancora pochi gli specialisti Ict e i laureati nelle discipline scientifiche (14 individui su mille contro i 19 della media Ue). E, se da un lato è in costante crescita la digitalizzazione delle imprese, visto che il 30% utilizza la fatturazione e le aziende comunicano sempre di più attraverso i social media, dall’altro emerge l’esigenza di incrementare l’uso dei servizi pubblici digitali. Nel vecchio continente infatti l’Italia è scivolata dal 17esimo al 21esimo posto per numero di utenti che entrano in contatto con la pubblica amministrazione mediante mezzi telematici.
La condivisione di pratiche politiche, e quindi l’azione diretta, è dunque sempre più necessaria per promuovere il cambiamento? “Nella PA – ha spiegato il presidente della Commissione parlamentare per le Questioni regionali, Gianpiero D’Alia – dal ’93 in poi vi sono state tante riforme, delle quali alcune efficaci, altre invece rimaste sulla carta. Ma personalmente credo che la vera svolta sia legata al processo di digitalizzazione del procedimento amministrativo con un sistema di condivisione dei dati”.
Per Flavia Marzano, assessore alla Roma Semplice, il digitale e le nuove tecnologie devono essere anzitutto uno strumento per abilitare la partecipazione e la collaborazione tra amministrazione e cittadino: e questo passa dallo sviluppo delle competenze digitali, obiettivo su cui l’amministrazione capitolina è al lavoro anche attraverso il progetto dei Punti Roma Facile”.
“Una PA non digitalizzata è destinata a morire ma necessita però comprendere bene cosa si debba fare”, ha avvertito il presidente di Formatemp (il Fondo per la formazione dei lavoratori temporanei), Francesco Verbaro.
Quindi, ha rilanciato il presidente di Forum PA Carlo Mochi Sismondi, “bisogna essere propositivi. Dal canto nostro, l’obiettivo da raggiungere è il benessere ecosostenibile dei cittadini, altrimenti la digitalizzazione, che deve costituire un elemento per vivere meglio, serve a poco”.
Davide D’Amico, dirigente del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha posto l’accento sugli obiettivi dell’articolata agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dettata dall’Onu e sull’esigenza di dotare la PA di personale competente, mentre per Carlo Flamment, ceo Lattanzio Ict Lab, “l’Italia deve mettersi al passo con l’Europa”.
Tuttavia, secondo il vicepresidente dell’Aidr e dirigente area produzione di Formez PA, Arturo Siniscalchi, che ha chiuso i lavori del convegno, “se siamo ancora in ritardo in termini di sviluppo digitale rispetto alla media europea significa che dobbiamo aumentare gli impegni per affrontare le sfide future e rendere il nostro paese un leader digitale, magari identificando con chiarezza le proposte legislative da avanzare alle istituzioni”.