Le infrastrutture non sono sufficienti ma restano il prerequisito. Pur a fronte di un’accelerazione del piano strategico, i numeri sono lì a dirci quanto sia ancora lunga la strada. Si prenda la fibra: oggi raggiunge il 14% dei Comuni e metà della popolazione ne è priva. Com’è possibile, in queste condizioni, recuperare la produttività perduta e imprimere forza alla crescita? E poi: una volta ridotto il gap, come lo mettiamo a frutto? Quali applicazioni saranno in grado di fare la differenza per la nostra competitività? Lo sviluppo delle infrastrutture continuerà dunque ad aver bisogno di ampie riflessioni. E di attenzioni. Da un lato con una “visione d’insieme”, perché la collaborazione tra pubblico e privato resta fondamentale per lo sviluppo.
Dall’altro con la disponibilità di risorse. Qui i 4 miliardi in più concessi dall’Unione Europea alla flessibilità del nostro bilancio 2016 possono essere di aiuto. Ma non solo. Le imprese dovranno spingere sul percorso di digitalizzazione del business, con modelli e strumenti favoriti dall’evoluzione tecnologica e con un approccio eco-centrico, poiché l’innovazione non fiorisce senza un “sistema” aperto al confronto. La Pubblica Amministrazione è invece chiamata ad ammodernare il più possibile processi, metodologie e competenze professionali. L’Università, infine: tra le esigenze dell’economia della conoscenza – la disponibilità di risorse nelle aree Stem – e la formazione oggi impartita, il divario è ancora troppo forte.