Passa dall’innovazione digitale la competitività del Sistema Italia. Lo dice la vice direttrice generale della Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli secondo cui è strategico “recuperare il ritardo” su questo fronte.
“Nel 2017 – spiega Perrazzelli in occasione della Giornata del Credito presso l’Abi – tra le imprese con un numero di addetti compreso tra 20 e 49 solo un quinto aveva adottato almeno una tecnologia avanzata come le applicazioni della robotica e della AI; la quota sale a un terzo tra quelle medie e supera la metà per quelle con 250 addetti o più”.
Ma non basta. In Italia non solo è limitato l’impiego di beni e servizi digitali da parte delle imprese, ma è anche bassa la loro produzione. Il valore aggiunto dei settori che compongono l’economia digitale non supera il 5% del totale, a fronte di una media del 6,6 nella Ue e di circa l’8% in Germania e negli Stati Uniti.
Bankitalia: cruciale spingere sulle digital skill
“Certamente la digitalizzazione – dice ancora Perrazzelli – potrà comportare ricadute negative sul mercato del lavoro, determinando la scomparsa di alcune mansioni. In prospettiva, tuttavia, se ne creeranno di nuove, che richiederanno competenze elevate. La rivoluzione digitale è già in corso e rappresenta un cambiamento dal quale non si può prescindere, ma che deve essere guidato e accompagnato con politiche che ne mitighino le ripercussioni negative di breve periodo”.
“In passato le fusioni e le acquisizioni hanno rappresentato la modalità più diffusa e rapida con cui sono stati riassorbiti gli eccessi di capacità produttiva nel settore bancario, tramite l’uscita dal mercato degli intermediari meno efficienti. Ma ora serve far ripartire un nuovo ciclo di aggregazioni” dice la vice dg Bankitalia.
Sistema banche alla prova digital transformation
Per gran parte delle banche meno significative, soprattutto quelle situate nel Mezzogiorno, gli indicatori di redditività e di efficienza si collocano su livelli assai inferiori alla media. “Per questi intermediari – dice ancora Perrazzelli – appare assai difficile prefigurare un modello di attività sostenibile senza forme di aggregazione. Banche più grandi e più efficienti sono verosimilmente in grado di sostenere con minori difficoltà gli ingenti investimenti richiesti per posizionarsi nel nuovo contesto di mercato determinato dalla digitalizzazione dell’offerta dei servizi finanziari“.