Italia poco competitiva in IT. Soffrono Ricerca e Sviluppo

C’è ancora molto da investire nelle infrastrutture, nello sviluppo di risorse umane ad alta specializzazione e nella ricerca sulla tecnologia

Pubblicato il 17 Set 2009

Italia poco competitiva in IT. È quanto emerge dallo studio
dell’Economist Intelligence Unit (Eiu) e sponsorizzato da
Business Software Alliance (Bsa), secondo cui il nostro Paese si
colloca alla 24esima posizione, su un totale di 66, nell’indice
di competitività del settore IT a livello mondiale, con un
punteggio di 48,5 su 100. Il punteggio si basa su una
quantificazione di parametri quali il dinamismo dell’ambiente
economico (72,7 su 100 per l’Italia), del sistema giuridico (73),
la disponibilità di infrastrutture IT (52,5) e i supporti allo
sviluppo dell’IT stessa (64,2), il ‘capitale umano’ (48,4) e
l’ambiente della ricerca e sviluppo. In quest’ultimo parametro
l’Italia ottiene un punteggio di solo 16,4  a fronte di un 61,3
degli Usa (in prima posizione).

“Lo studio Eiu dimostra che l’Italia può vantare un ambiente
di business alquanto vivace e una valida legislazione a tutela
della proprietà intellettuale – spiega  Luca Marinelli,
presidente di Business Software Alliance in Italia -. Tuttavia
l’Italia uno dei Paesi del G8 non è certo uno dei primi 8
sistemi per competitività dell’IT. Anzi, arriva oltre la 20.a
posizione, mentre le prime 5 sono occupate rispettivamente da USA,
Finlandia, Svezia, Canada e Olanda. Significa che da noi c’è
ancora molto da investire nelle infrastrutture, nello sviluppo di
risorse umane ad alta specializzazione e nella ricerca sulla
tecnologia”.

Secondo l’Economist Intelligence Unit, sei sono i fattori che
contribuiscono a creare un ambiente favorevole allo sviluppo
dell’IT e che i governi devono bene tenere a mente: un’ampia
disponibilità di lavoratori specializzati, una cultura aperta
all’innovazione, infrastrutture tecnologiche al passo con gli
standard internazionali, uno stabile sistema giuridico in grado di
tutelare adeguatamente la proprietà intellettuale, un’economia
stabile, aperta e competitiva; e, da ultimo, una leadership di
governo ben equilibrata nella promozione della tecnologia e nel
sostenere il libero corso del mercato. Accanto a questi abilitatori
lo studio individua anche altre realtà-volano tra cui spiccano le
infrastrutture di rete a banda larga, vitali per la competitività
dell’IT: l’Italia non figura nelle prime 10 posizioni per
numero di sottoscrizioni di linee broadband, mentre sta al 6°
posto al mondo per penetrazione del comparto mobile, con una
penetrazione del 144%). “Le aziende devono disporre di
connessioni rapide e sicure, specie ora che sempre più servizi e
applicazioni sono accessibili via web”, recita lo studio.

Altro fattore che i governi non devono sottovalutare è lo sviluppo
delle competenze, fondamentali nel lungo termine: i Paesi che sanno
combinare una valida formazione in campo economico, informatico e
linguistico potranno disporre di risorse umane di alto profilo. E
purtroppo in Italia l’alfabetizzazione informatica non è ancora
al passo con le medie europee.

A ostacolare invece la ripresa di competitività c’è il
protezionismo. “I governi devono distinguere attentamente fra
forme di supporto all’industria nazionale – consigliano gli
analisti – che favoriscono la crescita e la produttività e forme
protezionistiche che alla lunga danneggiano la competitività
favorendo solo rendite di posizione”. E last but not least la
tutela della proprietà intellettuale ha fatto passi da gigante in
molti Paesi emergenti, ma c’è ancora strada da percorrere.
“Essa è cruciale per la competitività del settore IT ed è una
delle forme di sostegno al suo sviluppo di lungo periodo
relativamente più convenienti per un sistema economico”,
conclude lo studio.

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