WEB TAX

Johnson non teme Trump: un piano per tassare le big tech

Non spaventano le “minacce” contro Italia e Francia. La nuova proposta britannica prevede un’aliquota del 2% da aprile 2020 a carico di Google&co. Allineati conservatori e laburisti

Pubblicato il 04 Dic 2019

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La Gran Bretagna è pronta a andare avanti con la web tax: le minacce di Donald Trump non intimidiscono il primo ministro Boris Johnson, che ha ribadito che i colossi del digitale come Google, Facebook e Amazon devono pagare le tasse dove producono i loro guadagni, esattamente come tutte le altre aziende.

Solo ieri il presidente degli Stati Uniti, che si trova a Londra per l’appuntamento con gli alleati della Nato, tuonava contro la tassa sui servizi digitali già approvata a luglio dal Parlamento in Francia minacciando come ritorsione dazi su tutte le importazioni francesi negli Usa. Nel mirino anche la web tax inserita nella Legge di bilancio 2020 dell’ Italia.

Contributo “più equo” dalle Big Tech

“Riguardo alla tassa sui servizi digitali, sono convinto che dobbiamo guardare all’attività delle aziende del digitale e agli enormi ricavi che hanno in questo paese e alla quantità di tasse che pagano”, ha affermato  Johnson alla Bbc. “Dobbiamo trovare una soluzione, devono dare un contributo più proporzionato”.

La digital tax in Gran Bretagna è già stata proposta dall’ex cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, ma adesso è stata inserita nel manifesto politico del partito Conservatore del premier Johnson. Il progetto prevede che le tech companies che generano un fatturato di almeno 500 milioni di sterline l’anno su scala globale paghino un’aliquota del 2% sui ricavi prodotti in Uk a partire da aprile 2020. Il gettito previsto è di quasi 500 milioni di sterline l’anno.

Se i conservatori usciranno vincitori dalle elezioni generali del 12 dicembre, si muoveranno per arrivare a una rapida approvazione della legge in Parlamento, ma anche il partito Laburista è favorevole a una tassa sulle “multinazionali” e, tra queste, Amazon, Facebook e Google sono menzionate specificamente.

Scontro Usa-Ue sulla web tax

La digital tax francese è più severa di quella proposta in Uk: Parigi prevede un’aliquota del 3% e un’imposizione retroattiva da gennaio 2019 sulle aziende con ricavi derivanti dai servizi digitali superiori a 750 milioni di euro su scala globale di cui almeno 25 milioni in Francia. L’introito previsto è di 400 milioni di euro quest’anno.

Nell’incontro Nato di Londra la tensione fra Trump e il presidente francese Emmanuel Macron è stata alta, ma tutta l’Unione europea è nel mirino dell’amministrazione Usa per le politiche fiscali sui colossi del digitale: “Gli Stati Uniti agiranno contro i regimi di digital tax” che discriminano le aziende americane come Google, Apple, Facebook e Amazon, ha affermato l’alto rappresentante al Commercio Usa Robert Lighthizer.

Contro i nostri vicini d’oltralpe Trump si è detto pronto a imporre dazi sul 100% delle merci esportate in America e anche sull’Italia Washington valuterà misure simili, visto che nella legge di Bilancio per il 2020 il nostro paese ha previsto un’aliquota del 3% per i colossi del web.

Lo US Trade representative è impegnato a contrastare il crescente protezionismo degli stati membri dell’Ue che prende di mira ingiustamente le aziende americane, sia con tasse sui servizi digitali sia con altre misure dirette contro le aziende americane dei servizi digitali”, ha affermato Lighthizer.

“Prediamo nota dell’annuncio dell’inchiesta degli Usa” sulla possibilità di nuovi dazi contro i paesi europei; “come in tutte le altre questioni sul commercio, l’Ue agirà unita”, ha fatto sapere un portavoce della Commissione, pur chiarendo che il Wto è la sede corretta dove dirimere le questioni commerciali internazionali.

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