LA GOVERNANCE DI INTERNET

Jonathan Liebenau: “Economia digitale, serve una svolta dell’intero mercato Ue”

Secondo il professore alla London School of Economics “serve associare più strettamente investimenti e ricavi per sanare gli squilibri fra telco e Ott”

Pubblicato il 16 Lug 2012

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«Modificare la struttura dell’intero mercato europeo in modo che il valore degli investimenti sia più strettamente associato ai ricavi». Jonathan Liebenau, professore alla London School of Economics, non ha dubbi sulla ricetta per sanare gli squilibri nell’economia digitale causati dagli Ott, ma anche “da molti altri fattori”. Il rischio è che “il sentimento di crisi provato dagli investitori e dalle telco si traduca in un’incapacità di giustificare quegli ingenti investimenti necessari a migliorare, o a mantenere, le attuali infrastrutture fisiche”.
In che modo il mercato dei servizi Ott rappresenta una sfida per le telco europee?
Il traffico sulle reti di comunicazione è cambiato non solo in ragione della sua crescita, ma anche perché assume oggi un’ampia varietà di forme: video, social networks, servizi Voip, dati finanziari critici, comunicazioni M2M e altre ancora, associate ad un’ancor più estesa varietà di business model basati a loro volta su modalità di profitto diversificate. Ma non sono solo gli Ott a creare squilibri nel mercato: è l’intero sistema ad essere ormai in disequilibrio. I servizi e le pratiche che generano la maggior parte del traffico non pagano un importo adeguato, esiste ormai un livello considerevole di free-riding, e questo assetto limita la capacità di molti attori di massimizzare o mantenere la propria posizione.
Perché si è diffuso il sentimento che gli Ott starebbero ormai “dominando” l’economia digitale?
Esistono diversi modi per differenziare le tipologie di attori che operano nell’economia digitale, ma dal momento che le attività degli Ott sono a pieno titolo integrate nel mercato è una pura finzione fare questo genere di comparazioni. La verità è che gli Ott hanno assunto un ruolo predominante in alcuni ambiti perché dispongono di un potere negoziale e di un margine di manovra più ampi. Questo problema in Europa è legato alla struttura dell’industria e ai suoi business model, ma anche all’approccio delle istituzioni. La ragione per la quale l’Europa si differenzia da paesi quali Usa e Cina è che in questi ultimi due la direzione adottata dalle istituzioni è diversa e gli Ott, direttamente o indirettamente, contribuiscono molto di più ai ricavi delle Telco.
La posizione degli Ott sui mercati europei può confliggere con il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea?
Gli obiettivi della Digital Agenda sono irrealistici perché minacciati da moltissimi altri fattori, tra i quali gli indirizzi e le capacità del settore pubblico, le competenze manageriali, la fiducia degli investitori, corruzione e incompetenza, come anche disequilibri nei mercati.
Appunto: come pensa che si stiano comportando le istituzioni europee al riguardo?
Troppe incoerenze. Ritengo che sia in atto da parte di Bruxelles uno sforzo virtuoso per migliorare il contesto rendendolo più equilibrato. Tuttavia, lo spostamento di attenzione da standard prevalentemente economici a criteri “ingegneristici”, populistici e infine legalistici, incide in negativo sullo scenario.
Cos’è più urgente fare?
Modificare la struttura dell’intero mercato in modo che il valore degli investimenti sia più strettamente associato ai ricavi.
L’industria europea delle Tlc ha da sempre favorito un approccio orientato alla de-regulation, oggi sembra aver assunto una posizione differente: che ne pensa?
L’associazione che rappresenta le Telco europee riconosce che esse devono operare in un contesto regolamentato e che il mercato è oggi strutturato e orientato da forze di varia natura: ad esempio i controlli sulle tariffe e le tasse, attori di mercato di differente natura e via dicendo. Nella misura in cui le Telco giudicano che tutte queste forze penalizzano i loro interessi relativi, si trovano a suggerire dei rimedi che talvolta propendono per riforme di stampo regolatorio, talaltra per una revisione del sistema delle tasse, o ancora per la negoziazione sui prezzi dei vari tipi di servizi.
Internet sotto la tutela dei governi: può aumentare il rischio di censura politica?
Internet è una rete di reti amorfa che combina assieme caratteristiche fisiche, contenuti e controlli digitali, servizi e pratiche di tutti i tipi. Se i governi accettano di consentire ai cittadini di partecipare a pieno titolo questa realtà, i loro tentativi di controllo non possono che essere grossolani e frammentati: per esempio bloccando siti o tassando certe transazioni. I regimi autoritari in ogni caso continueranno ad utilizzare forme coercitive per zittire o eliminare quei dissidenti che esprimono le proprie idee pubblicamente, a prescindere dai mezzi a cui questi ultimi si affidano. C’è ancora molto lavoro da fare affinché l’Onu e altri poteri internazionali contrastino la repressione. Nel frattempo è utile avviare un dibattito internazionale in seno all’Itu e anche altrove per chiarire su chi deve ricadere la responsabilità del miglioramento e mantenimento delle infrastrutture digitali.

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