Kroes: “I timori sulla privacy rallentano lo sviluppo della digital economy”

Secondo l’analisi di Eurobarometro tre cittadini europei su quattro sono disponibili a fornire i propri dati ma sono preoccupati dell’uso che ne fanno in particolare motori di ricerca e social network. Sulla questione interviene anche il commmissario Reding: “Nell’aggiornamento delle norme Ue chiarezza sui diritti degli utenti”

Pubblicato il 17 Giu 2011

Tre cittadini europei su quattro accettano che rivelare i propri
dati personali faccia parte della vita quotidiana, ma sono
preoccupati per come le imprese, specie i motori di ricerca e i
social network, utilizzano le loro informazioni. Questa la
conclusione principale di un nuovo sondaggio Eurobarometro,
pubblicato dalla Commissione europea, sulle posizioni in merito
alla protezione dei dati personali e all'identità elettronica.
Il sondaggio rivela che il 62% degli intervistati nell’Unione
europea protegge la propria identità dando solo le informazioni
minime richieste, mentre il 75% rivendica la possibilità di
eliminare i dati personali online in qualunque momento –
cosiddetto “diritto all’oblìo”. Anche il sostegno
all'azione dell'Ue è forte: il 90% vuole che i diritti
alla protezione dei dati siano gli stessi in tutta Europa.

“Molti sono abituati a rivelare i propri dati personali per fare
acquisti online o frequentare i social network, ma sono altrettanto
preoccupati del modo in cui questi dati sono utilizzati e non
sempre hanno la sensazione di avere la situazione sotto controllo
– spiega il commissario Ue per la Giustizia, Viviane Reding – Per
questo, in occasione dell’aggiornamento delle norme di protezione
dei dati personali, intendo chiarire esplicitamente che gli
interessati hanno il diritto – e non solo la “possibilità” –
di ritirare il loro consenso al trattamento dei dati”.

I risultati del sondaggio giungono al momento in cui la Commissione
è impegnata nella preparazione della riforma delle norme Ue sulla
protezione dei dati personali. Lo scopo è proteggere i dati
personali in tutti i settori, anche nelle attività di contrasto,
riducendo nel contempo la burocrazia per le imprese e assicurando
la libera circolazione dei dati in tutta l'UE. La Commissione
prevede di presentare proposte specifiche entro la fine
dell’anno.
“Molti esitano a fare acquisti online perché temono per la loro
privacy – puntualizza Neelie Kroes, commissario per l’Agenda
digitale – Questo rallenta lo sviluppo del mercato unico del
digitale in Europa e impedisce la nostra ripresa economica. Hanno
anche concreti timori in merito alle garanzie di sicurezza online
per la loro identità, problema di cui mi occuperò a breve con una
proposta legislativa”.

Nel dettaglio il sondaggio rivela che il 60% degli europei che
utilizzano internet (ovvero il 40% di tutti i cittadini
dell’Unione) fa acquisti online e frequenta i social network. Su
questi siti, la gente rivela i propri dati personali, compresi dati
biografici (quasi il 90%), sociali (quasi il 50%) e sensibili
(quasi il 10%). Il 70% ha dichiarato di essere preoccupato di come
le imprese usano questi dati e di ritenere di avere solo un
controllo parziale, se non nullo, sui propri dati. Il 74% vuole
poter dare il proprio consenso specifico prima che i dati vengano
raccolti e trattati su internet.

Il principio chiave della normativa Ue sulla protezione dei dati
personali è che occorre il consenso degli utenti perché sia
possibile usarne i dati. Le informazioni non possono essere
scambiate senza che l’utente vi acconsenta e le imprese non
possono utilizzarle per scopi diversi da quelli per i quali è
stato dato il consenso.
I motivi di preoccupazione più frequenti sono le frodi negli
acquisti online (per il 55% degli intervistati), l’utilizzo dei
dati a loro insaputa sui social network (per il 44%) e lo scambio
dei dati tra imprese senza il loro consenso (per il 43%).

In merito alla protezione dei dati personali, gli europei mostrano
di avere più fiducia nelle autorità pubbliche – come ospedali
(78%), governi (70%) e istituzioni europee (55%) – che nelle
imprese private come rivenditori (39%), provider di servizi
internet (32%) e fornitori di servizi online (22%).

Il 42% utilizza strumenti e strategie disponibili per limitare il
numero di messaggi di posta elettronica indesiderati e il 23%
cambia i dispositivi di sicurezza del proprio browser. Da ciò si
deduce che le persone difficilmente prendono cura dei propri dati
sull'identità personale online quando mancano strumenti
semplici o quelli esistenti sono difficili da usare.
Il 58% degli internauti legge le informative sulla privacy online,
ma non tutti le comprendono. Soprattutto, il 62% degli utenti non
le capisce, non le legge, non riesce a trovarle o ne ignora
l'esistenza. Quando effettivamente le leggono, gli utenti sono
più cauti riguardo ai loro dati. Uno degli obiettivi principali
della riforma sulla protezione dei dati personali è rafforzare le
norme in modo che i fornitori di servizi assicurino maggiore
trasparenza su cosa implica un determinato servizio (quali sono i
dati raccolti e poi trattati, quali gli scopi, dove e come sono
conservati) e dispongano appropriate misure di sicurezza.

Infine, il sondaggio mostra differenze spiccate fra le posizioni in
merito alla condivisione dei dati personali fra le nuove
generazioni (più inclini a divulgare i propri dati) e le
generazioni più anziane (maggiormente preoccupate della tutela
della vita privata).

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