L’audiovisivo del futuro? Digitale e multipolare

Il percorso evolutivo dell’industria delle immagini in un saggio di Luca Balestrieri. In vista il passaggio dall’egemonia americana a un ruolo sempre più importante delle piattaforme digitali e dei player asiatici

Pubblicato il 24 Mar 2017

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Bisogni, tecnologia e contenuti: ecco il triangolo “perfetto” dell’audiovisivo, emerso alla presentazione del saggio “L’industria delle immagini” di Luca Balestrieri, dirigente di lungo corso in aziende del mondo media e docente di Economia e gestione dei media alla Luiss Guido Carli.

Il volume, denso di contenuti e dalla lettura agile, presenta l’evoluzione dell’industria dell’audiovisivo dalle origini del cinema e di Hollywood all’attuale era digitale di YouTube e Netflix.

Come per tante altre industrie, anche nell’audiovisivo i bisogni dei consumatori hanno alimentato e continuano ad alimentare in misura rilevante i processi di innovazione tecnologica e di prodotto/servizio.

L’evoluzione del bisogno di intrattenimento, originata dalla disponibilità di maggior tempo libero e reddito occorsa da inizio 900’ in poi, ha infatti man mano sancito il cambiamento delle diverse piattaforme tecnologiche e tipologie di contenuti. In particolare, sulla base di una domanda di intrattenimento sempre crescente si è assistito al passaggio dall’intrattenimento dal vivo, ad opera delle grandi compagnie teatrali e degli spettacoli del circo, al Cinema, alla Televisione fino ad arrivare allo streaming dei giorni nostri.

In particolare, secondo Balestrieri, lo streaming video, abilitante il consumo di contenuti in modalità “anywhere, anytime, on any device”, rappresenta, soprattutto nella modalità binge-watching, l’espressione più intesa del soddisfacimento del bisogno attuale di appagamento immediato.

Seguendo il famoso detto “Content is king but distribution is queen”, il futuro dell’audiovisiCo sarà sempre più legato alla personalizzazione del contenuto e della modalità di consumo con particolare attenzione alla qualità in termini di latenza e risoluzione. Non a caso, giganti di Internet come Google e Amazon hanno condotto diversi studi che mostrano una relazione diretta tra cali di revenue e bassi livelli di customer experience legati soprattutto a ritardi di appena 1 o 2 secondi nell’erogazione del contenuto.

Interessante, anche, la relazione tra sviluppo dell’industria audiovisiva e relativa struttura dei costi: produrre un film consiste essenzialmente nel produrre un prototipo il cui successo all’inizio può essere solo previsto parzialmente. I costi di produzione del prototipo, diversamente dai costi di produzione delle copie aggiuntive, che nel caso del digitale sono nulli, sono generalmente alti costituendo di fatto un rischio di cui tener conto. Ciò ha di fatto determinato il successo dell’industria americana che è stata capace di sostenere tali costi grazie ad un grande mercato interno e che ancora oggi pesa in modo rilevante in Europa contando per oltre i due terzi del box office.

Tuttavia da Oriente, grandi cambiamenti sono in arrivo. La crescita delle economie asiatiche costringe Hollywood a ripensare il proprio prodotto e la propria strategia mondiale con le industrie televisive e cinematografiche dei paesi come Cina e Corea del Sud ormai lanciate su un percorso che le renderà competitive a livello globale nel breve termine. Anche in questo caso, grazie a un mercato interno molto grande e strettamente legato alla propria cultura, si prevede che entro il 2019 a livello mondiale la quota di box office dell’industria cinese supererà quella americana. In tale contesto, un peso rilevante è già oggi ricoperto dai grandi player digitali asiatici come Alibaba e Baidu che stanno investendo sempre più nella produzione di contenuti originali da distribuire attraverso le proprie piattaforme.

Ci si avvia, dunque, verso un mondo sempre più digitale, in termini di modalità di consumo, e multipolare, frutto di una nuova “geopolitica dell’audiovisivo”.

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