Era il 13 ottobre 2014 quando la “Dichiarazione dei diritti di Internet” “vedeva la luce, nella sua prima “bozza” grazie al risultato del lavoro della commissione speciale presieduta da Stefano Rodotà, il giurista scomparso a 84 anni il 23 giugno 2017.
Garante per la Privacy dal 1997 al 2005 e presidente, dal 1998 al 2002 del gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell’Unione europea, Rodotà passa alla storia come il “padre” della “Costituzione del Web”.
Il documento originario prima di essere approvato nella sua forma definitiva è stato oggetto, per quattro mesi, di una consultazione pubblica con l’obiettivo di accogliere il contributo di tutti. I contenuti furono inoltre sottoposti all’attenzione dei partecipanti alla riunione dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione europea e del Parlamento europeo sui diritti fondamentali tenutasi presso la Camera il 13 e il 14 ottobre 2014 nel corso del Semestre di presidenza dell’Unione europea.
Quattordici gli articoli del testo originario a firma Rodotà dedicati a spiegare come tutelare i diritti già esistenti nel nuovo contesto, come quelli legati alla protezione dei dati personali, ma anche ad accendere i riflettori su diritti ancora non regolamentati, come quello dell’accesso a Internet, o quello delle non discriminazioni, restrizioni o interferenze tra le informazioni trasmesse in rete. Nello specifico le norme sono state stilate per codificare i diritti degli utenti delle grandi piattaforme web, fino a definire i criteri per il governo della rete. Il 28 luglio del 2015 la Magna Charta è diventata realtà. Ecco cosa prevede.
LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DI INTERNET