Sono oltre 400 i blogger, le associazioni, i giornalisti e gli imprenditori che hanno inviato una mail a tutti i deputati per chiedere che oggi – giorno in cui è calendarizzato l’esame della legge comunitaria, venga abrogata la norma proposta dall’onorevole Fava (Lega Nord) che dà ai provider l’obbligo di controllo preventivo sui contenuti Web.
"Le chiediamo di apporre la sua firma su tali emendamenti o quantomeno su alcuni di essi, per dare forza alla richiesta di abrogazione in modo che sia chiaro che la difesa del web, non come luogo di assenza di regole, ma come risorsa anche per l’informazione è condivisa da tutti gli schieramenti politici", si legge nella lettera promossa dall’associazione Agorà Digitale. Nel testo si chiede anche un sostegno ad un emendamento presentato da Marco Beltrandi (Radicali) ‘"che potrebbe non solo sventare gli esiti nefasti dell’emendamento Fava ma anche chiarire la situazione rispetto ad interpretazioni date dalla più recente giurisprudenza di merito che non sono lontane dal senso dell’emendamento Fava".
Nelle scorse settimane deputati e senatori di quasi tutti i gruppi (Fli, Gruppo Misto, Idv, Pd, Pdl e Radicali) hanno presentato alla Camera emendamenti per abrogare tale norma che, ‘"n contrasto con le direttive europee, vuole obbligare i siti web a controllare preventivamente i contenuti pubblicati dagli utenti, rimuovendoli in base ad una semplice segnalazione di una parte interessata", precisa ancora Agorà Digitale.
E ieri anche Confindustria Digitale era scesa in campo contro l’emendamento Fava. "Gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica dovrebbero sostanzialmente mettere in atto un inaccettabile controllo dei contenuti che passano sulle reti, conducendo di fatto a un sistema di censura preventiva, che oltre a ledere i diritti dei cittadini, metterebbe in serio pericolo gli investimenti industriali nel settore dell’informazione online e della commercializzazione di contenuti ”.
Secondo l’associazione, il provvedimento oltre a minacciare principi fondamentali della privacy, "è destinato a rendere il quadro normativo nazionale del commercio elettronico disallineato rispetto a quello europeo ed internazionale “ senza neanche dare la certezza di raggiungere l’obiettivo di contrasto alla contraffazione. Ritenere, infatti, che l’inasprimento delle responsabilità in capo ai fornitori dei servizi di comunicazioni elettroniche conduca a una riduzione del fenomeno è illusorio e indice di scarsa conoscenza dei ruoli e delle attività dei provider”.
Per Confindustria Digitale l’emendamento non solo è dannoso, ma anche inutile, in quanto l’ordinamento già prevede una serie di strumenti in grado di assicurare il perseguimento dei reati legati alla contraffazione, che rientrano nell’ambito del diritto penale. “La legge, infatti, impone agli operatori di segnalare alle autorità le notizie di violazione che ricevono da parte di chi si qualifica come titolare dei diritti ed, essendo la repressione dei reati e le relative indagini prerogativa esclusiva della magistratura, non è consentita alcuna surroga da parte dei privati”.