Brexit o Bremain, questo è il dilemma, politico e economico, per la Gran Bretagna che si prepara al referendum del 23 giugno per decidere se restare o lasciare l’Unione europea. Le telco, no, il dilemma non dovrebbero crearselo: secondo Strand Consult l’uscita del Regno Unito dall’Ue sarebbe certamente un disastro per tutti gli operatori telecom, anche extra-Ue, o, come si legge nell’ultima nota di ricerca firmata da John Strand, un “incubo regolatorio”.
Spiega Strand: gli operatori anche non-Ue, e gli investitori che agiscono su scala globale, si dovrebbero chiedere se i trend regolatori siano regionali o mondiali. La risposta è che le autorità si influenzano a vicenda. La Brexit potrebbe scatenare una “valanga politica e regolatoria che travolge tutto il mondo e produce un impatto negativo sulla capacità dell’industria di investire e creare profitti”. Quella che in Europa viene presentata come “regulation”, ma non risolve le problematiche del mercato Tlc (per esempio, la riduzione delle barriere all’ingresso di nuovi entranti) perché è solo l’espressione di politiche volte a catturare il consenso dell’elettore, potrebbe diventare prassi per molti altri paesi.
Strand riporta tre esempi per dimostrare che il sistema di policy dell’Ue cerca di “abusare della regolamentazione delle telco per acquisire popolarità tra europei sempre più insoddisfatti”: roaming, consolidamento e net neutrality.
Sono tre aspetti della politica regolatoria Ue che Strand ha più volte attaccato: le misure sul taglio delle tariffe del roaming derivano da una “mostruosa mancanza di rigore economico” che guarda all’esigenza del consumatore di avere prezzi omogenei in tutta Europa senza alcuna considerazione dei costi affrontati dagli operatori. Sul consolidamento, le politiche Ue nascerebbero dall’errata convinzione che i mercati mobili traggono vantaggio da un alto numero di operatori di rete, mentre per Strand sono tecnologia e innovazione a fare il mercato. Sulle disposizioni per l’Internet libero, Strand afferma che non esistono “prove scientifiche dei benefici proclamati dall’Ue” e che la net neutrality appare solo come un favore fatto ai consumatori e alle grandi Internet companies come Google.
Come si ricollega tutto questo alla Brexit? Secondo Strand, il referendum britannico rappresenta la massima espressione del malcontento dilagante nei confronti del progetto dell’Europa unita. Le autorità europee devono fare qualcosa per rimediare e troveranno la soluzione, ancora una volta, nelle regole a danno delle telco, per soddisfare i loro elettori. Oggi è la net neutrality, domani saranno la privacy e la protezione dei dati, osserva Strand: “Non abbiamo dubbio alcuno che il voto sull’uscita del Regno Unito dall’Ue produrrà ancora più regulation dell’industria telecom in Ue e che il modello regolatorio europeo si diffonderà in altre parti del mondo. Guardiamo alla net neutrality: è già un’epidemia globale. Siamo arrivati al paradosso di paesi totalitari che fanno leggi sull’Internet libero. Non c’è alcuna relazione con analisi economiche e di mercato”.
Il compito delle telco, a questo punto, è informarsi bene e reagire. Secondo Strand Consult, troppi Ceo di aziende telecom non conoscono a fondo le normative. L’industria delle Tlc deve anche dare una risposta forte, reinventarsi, far vedere alla persone che le telco non sono il nemico ma sono quelle che “lottano contro sistemi politici corrotti e proteggono i consumatori”. Anzi, Strand ritiene che gli operatori telecom dovrebbero assumere il ruolo di “consumer watchdog” perché le telco sono a tutti gli effetti la più grande “organizzazione del mondo che rappresenta dei consumatori”. Dovranno “respingere gli assunti ingannevoli da cui nascono le regole oggi e riprendersi la leadership”.