La Buona Scuola arriva al Consiglio dei ministri. Ma la parte relativa alla digitalizzazione rischia di non essere presente nel provvedimento che uscirà dalla riunione. In corsa, infatti, è stato deciso di optare per il disegno di legge e non per il decreto legge che era già stato preparato dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e nel quale la “scuola 2.0” occupava una posizione chiave.
Ed è stato lo stesso premier Matteo Renzi a decidere di rinunciare al decreto legge, preferendogli la via parlamentare. “Stiamo lavorando a un cambiamento radicale, ma vogliamo coinvolgere maggioranza e opposizioni — ha spiegato Renzi ai suoi —: sulla scuola voglio dare un messaggio al Parlamento, riprendendo lo spirito delle dichiarazioni delle opposizioni e del presidente della Repubblica. Proporremo un disegno di legge, chiedendo tempi certi al lavoro parlamentare. Se tutti saranno rispettosi e attenti, se non ci sarà ostruzionismo, allora ragioni di urgenza saranno rispettate dal normale dibattito parlamentare”.
Stando a quanto risulta a CorCom , in queste ore, il Miur sta spingendo perché gli interventi sul digitale trovino spazio nel ddl. Il ministro Giannini ha particolarmente a cuore la regolazione delle lezioni di programmazione informatica (coding) già a partire dalla primarie e la strutturazione di corsi di digital making nelle secondarie così come il rispetto dell’obiettivo di portare la banda larga in tutti gli istituti che è l’azione chiave per tutte le altre.
“Per liberare la scuola ci vuole più connessione, anzitutto digitale – si legge infatti nel documento La Buona Scuola, presentato a settembre dal governo – Ad oggi solo il 10% delle nostre scuole primarie, e il 23% delle nostre scuole secondarie, è connesso ad Internet con rete veloce. Le altre sono collegate a velocità medio-bassa, ma con situazioni molto differenziate, e spesso sufficienti a mettere in rete solo l’ufficio di segreteria, o il laboratorio tecnologico; quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può abilitare. Più della metà delle classi del nostro Paese, quindi, non può applicare forme di didattica digitale.
Per quanto riguarda le risorse il Miur conta di sfruttare il miliardo stanziato dalla legge di Stabilità.