La carica dei Cfo che spodesta i vecchi contabili

La specializzazione in Ict fondamentale per affrontare le sfide e farsi pivot dell’innovazione

Pubblicato il 16 Giu 2010

La crisi economica ha assegnato ai Chief Financial Officer (Cfo) un
ruolo sempre più importante sia sulle questioni strategiche sia su
quelle operative: una tendenza in atto a livello mondiale, che si
conferma anche in Italia, come sottolinea una survey condotta da
Ibm.“Il cambiamento di ruolo era già in atto prima della crisi
per motivi esogeni, ossia per i crescenti compiti di controllo
assegnati ai Cfo per il rispetto delle normative – sottolinea
Marco Albertoni, Associate Partner Ibm
Global Business Services
, nochè responsabile della survey
sopra citata -. La crisi li spinge verso un ruolo sempre più
proattivo su richiesta del boad aziendale”.

Il responsabile finanziario dovrebbe trasformarsi da uomo dei
numeri in uomo delle risposte, capace di assumere il ruolo di
decision maker. Tradotto in numeri, i compiti considerati ad oggi
prioritari sono selezionare gli indicatori delle key performance
(88%) e gestire il capital asset management (84%). In prospettiva
il 76% dei Cfo italiani si aspetta una richiesta di prendere
decisioni più accurate e più rapide, il 74% prevede richieste
sempre più pressante di ridurre i costi d’impresa, il 69% di
dover fornire più trasparenza agli stakeholder esterni.La novità
del ruolo è evidenziato – come precisa Severino
Meregalli
, professore di Sistemi Informativi e
responsabile Unit Sistemi Informativi di Sda
Bocconi
– anche dallo spostamento della funzione Ict
nell’ambito della direzione finanziaria. “Un fenomeno che si
presta a più interpretazioni – spiega -. Può essere un modo per
tenere sotto controllo i costi di un’area aziendale
particolarmente dispendiosa, ma può derivare anche dalla
necessità di gestire al meglio un servizio il cui funzionamento
ottimale è indispensabile per monitoraggio e la misura delle
performance aziendali”.

Ma strada verso il nuovo ruolo è, nella stessa percezione dei Cfo,
tutta in salita. La prima difficoltà evidenziata dagli
intervistati nella survey Ibm è la necessità di un’evoluzione
del profilo professionale dello staff, generalmente di formazione
contabile, verso un approccio più multi-professionale, in grado di
capire meglio il business e non solo di interpretare il dato
finanziario. La seconda riguarda la capacità del Cfo di rispondere
alla richiesta di diventare il “pivot” delle informazioni
aziendali, il luogo di integrazione capace di fornire una visione
unica trasversale che superi i silos informativi, indispensabile
per prendere decisioni. “I Cfo si ritengono ancora poco attivi
nel fornire indicazioni strategiche – sottolinea Albertoni -. Si
tratta di una questione di talenti e di strumenti”.

Non diciamo niente di nuovo ricordando che una moltitudine di fogli
Excel, incoerenti e mal integrati, è ancora il sistema di
performance management più diffuso nelle presso le aziende
italiane anche medio-grandi. In questo quadro a mancare non sono
gli strumenti. Meregalli riconosce ai fornitori di soluzioni un
notevole sforzo di far evolvere la strumentazione. “Credo sia una
questione di qualità dei dati, più che di disponibilità di
strumenti – puntualiza -. Si sono fatti molti passi in avanti nel
miglioramento della qualità e della diffusione dei dati; ma nel
momento in cui risulta sempre più facile produrre misure, aumenta
anche il rischio che non sempre siano buone. La correttezza è un
impegno etico nel momento in cui anche l’adeguatezza delle
persone viene valutata in base a strumenti di performance”.

In conclusione, bisogna prestare dunque molta attenzione al modo in
cui si rilevano le misure e al processo di costruzione degli
indicatori che poi vengono utilizzati per valutare le performance,
andando, ad esempio, a verificare tutta la catena e non solo la
parte terminale, controllando che le rilevazioni siano coerenti con
le misure, effettuando audit di merito. In sintesi, anche se può
sembrare banale, è meglio concentrarsi su pochi indicatori
certamente corretti piuttosto che averne tanti, ma di cattiva
qualità.

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