Il futuro è già tra noi. Analizzando una serie di dati archiviati
online, come i messaggi lanciati su Twitter o Facebook, le chiavi
di ricerca utilizzate su Google e gli spostamenti degli utenti di
smartphone, si può arrivare a predire cosà accadrà nel futuro
prossimo, in termini di instabilità politica ed economica,
rivoluzioni, crisi e altri fenomeni che riguarderanno la nostra
società. Lo sostiene il Center for Collective Intelligence del
Massachusetts Instituite of Technology (Mit), che ha avviato una
ricerca sull'impatto delle nuove tecnologie sui comportamenti
della società.
"Si tratta di un grande passo in avanti – spiega in
un'intervista al New York Times Thomas Malone, direttore del
centro di ricerca – I dati che abbiamo a disposizione adesso sono
molto più dettagliati e ricchi di prima, così come gli algoritmi
che utilizziamo che, adesso, rendono possibile prevedere cose prima
impossibili".
In sostanza come gli scienziati riescono a prevedere fenomeni
naturali, grazie alle nuove tecniche di ricerca a alla vastità dei
dati messi a disposizione su internet, sociologi e antropologi
potrebbero prevedere cosa accadrà sul piano politico, economico e
sociale.
E l'idea piace al governo americano. L'Intelligence
Advanced Research Projects Activity, un'agenzia governativa che
lavora appunto a progetti avanzati nel campo dell'intelligence,
finanzierà un progetto triennale, che comincerà ad aprile
prossimo, per passare in rassegna dati Internet di 21 paesi
latinoamericani. Si tratta di un sistema completamente
automatizzato che assembla e analizza dati sui movimenti delle
popolazioni e dei flussi di comunicazione. Utilizzerà solo dati
pubblici, come le chiavi di ricerca su blog, le modifiche alle
definizioni di Wikipedia e indicatori dell'andamento dei
mercati finanziari. Oltre a cercare di prevedere tendenze
economiche e politiche, la ricerca proverà a mettere a fuoco
indicatori di possibili pandemie o altri tipo di contagi.
Ma non mancano gli scettici. Non è infatti la prima volta che il
governo americano affida progetti ai ricercatori di sociologia e
antropologia e li finanzia. Già nel 1960, con il progetto
"Camelot", il Pentagono aveva cercato di esplorare come
prevedere futuri eventi economici e politici attraverso le scienze
sociali. L'iniziativa era però naufragata a causa delle
critiche e dei dubbi etici sollevati dagli stessi ricercatori.
E dopo l'11 settembre il Pentagono aveva lanciato, con scarsi
risultati, il programma "Total Information Awareness"
volto a prevedere potenziali attacchi terroristici analizzando una
serie di dati pubblici e privati. Inoltre c'è chi solleva
problemi di privacy. "Queste tecniche sono una lama a doppio
taglio", sostiene Marc Rotenberg del centro studi Privacy
Information Center.
Ma non manca neppure l'entusiasmo tra i ricercatori che
collaborano con le agenzie federali. "I risultati porteranno a
una comprensione migliore di quello che sta succedendo nel mondo e
di come i governi affrontano le situazioni. Più che far paura,
questi nuovi metodi di ricerca infondono speranza. È forse la
prima vera opportunità di trasparenza governativa", ha detto
Sandy Pentland dell'Mit.